L’intraprendente.it, 12 aprile 2016 –

Quale futuro per il ministero dello Sviluppo economico (MISE)? L’uscita anticipata della ministra Guidi impone una serie di considerazioni a fronte anche degli scarsi risultati che il governo sta ottenendo sul fronte delle politiche industriali. Da più parti, compreso chi scrive, si avverte l’urgenza di elaborare un piano di sviluppo per rilanciare la produttività. Le riforme, a prescindere dal merito, servono a poco se non sono inserite in un piano complessivo di azioni che includano la missione che governo e Paese vogliono perseguire. Il primo ministro vuole cambiare verso all’Italia ma non sembra avere ben chiaro come. Il MISE era il luogo deputato allo sviluppo economico. Non lo è più, come lucidamente argomenta Francesco Giavazzi sul Corriere della Sera. Ha ragione, un sottosegretario è più che sufficiente per i compiti attuali del ministero. Il problema resta: l’Italia ha disperato bisogno di un progetto di sviluppo che a fronte dei cambiamenti in atto a livello globale, della competizione e dell’evoluzione tecnologica, esprima la visione sul futuro, gli obiettivi che si vogliono raggiungere, i settori e gli investimenti su cui puntare, e quindi gli strumenti necessari, come la qualifica dei lavori che si vogliono creare e la formazione che ne è alla base. È su questo progetto che gli investitori scelgono se indirizzarvi le loro risorse, e i cittadini se sostenere il governo con il voto. Così fanno le imprese, così per tutti i Paesi, che nonostante le difficoltà del momento storico, creano occupazione, crescono e prosperano. Di questi piani l’Italia si è dotata fino ad un certo punto della sua storia repubblicana, poi ha pensato di farne a meno.

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PNR