Affaritaliani.it, 27 agosto –
Noi italiani sappiamo produrre manifestazioni di solidarietà intensa. Lo facciamo nel dramma delle tragedie che ci colpiscono. E’ nella nostra cultura. Non sappiamo essere solidali prima per evitare o quantomeno prevenire questi drammi. Nei momenti successivi a questo terremoto e a le tutte disavventure che colpiscono un popolo servirebbe il silenzio. Il rispetto dei morti, il rispetto per chi soffre, il rispetto per chi lavora per salvare vite e ricostruire una speranza. Tuttavia, chi ha la fortuna di non essere stato coinvolto direttamente ma solo emotivamente, e non è nelle condizioni di salvare vite, ha il dovere morale di contribuire a prevenire queste tragedie per premiare la vita rispetto alla morte.
E’ difficile anticipare un terremoto ma è più facile prevedere dove potrebbe verificarsi e prevenirne le conseguenze. La scienza è ancora lontana da stabilire quando un evento sismico si verificherà, ma ci ha permesso di sapere più o meno dove potrebbe verificarsi. Parte dell’Italia è soggetta a fenomeni sismici violenti. In questi anni non ci siamo attrezzati, nonostante le esperienze che la storia, anche recente, ci ha consegnato. Peggio, i terremoti si possono prevenire, limitandone al massimo le conseguenze. Anche questo non lo abbiamo capito. In queste ore si discute di questo.
Come possiamo rendere antisismici i vecchi borghi dei tanti villaggi costruiti lungo le crepe tremanti della terra? E’ difficile. Le norme ci sono per le nuove abitazioni, ma non ci sono programmi di adeguamento per quelle esistenti. Servono i soldi, e quindi gli incentivi, così come circolano proposte molto interessanti, per esempio l’assicurazione antisismica. Tuttavia, soldi e norme non bastano se poi non si applicano le misure necessarie. La magistratura indagherà e deve farlo soprattutto perché, così come per l’Aquila, ad Amatrice è crollato un edificio certificato come antisismico. Certificato, non costruito con norme antisismiche.
Gli italiani sono solidali ma anche molto spesso stupidamente furbi e scioccamente incapaci. O qualcuno ha imbrogliato o qualcuno non sa costruire. Delle tante imprese edili della penisola, le stesse che si lamentano per la crisi, troppe non hanno competenze tecniche e continuano a costruire come si faceva secoli fa. Le conseguenze riguardano la nostra sicurezza, cioè la vita, ma anche il risparmio energetico e il nostro benessere. Non sono poche queste imprese, sono tante. La sfida politica riguarda le norme e gli incentivi, ma riguarda anche la professionalità di chi opera sul mercato. L’edilizia ha sofferto la crisi e le imprese vanno aiutate, così come vanno eliminate le imprese incapaci e che non vogliono contribuire a trasformare il nostro in un paese moderno. E’ inutile sbrodolarsi con le smart city se poi non sappiamo costruire. A poche eccellenze affianchiamo una marea di imprese di improvvisati. Prima che solidali dovremmo essere lungimiranti e pianificatori. Altrimenti saremo solidali nei drammi, ma incapaci di evitarli.