La Stampa, 12 settembre 2016,

Ricomincia la scuola per una generazione che non è più assorta solo nei suoi pensieri ma nei media sociali. Qui fuori il mondo è digitale da un pezzo ma sembra che a scuola se ne siano accorti solo ora.
La scuola è ancora quella della generazione industriale, ma adopera la didattica di quella contadina. Gli insegnanti hanno passato l’estate a protestare. Hanno torto sui trasferimenti, ma hanno ragione sui salari. La media stipendi è tra le più basse d’Europa, le infrastrutture a disposizione sono spesso obsolete e fatiscenti. Le eccezioni sono una rarità da copertina utile solo a confondere un sistema che si muove scomposto senza una vera strategia, senza obiettivi e soprattutto senza una visione del domani.

Se si vuole puntare sull’innovazione la scuola deve essere la prima voce di spesa del governo. Non lo è. Il primo ministro ci ha illusi con i soliti fuochi d’ artificio, ma lì si è fermato. Lo sforzo lodevole della Buona Scuola ha prodotto una riforma timida che sembra più il risultato di una mediazione tra burocrati che una risposta decisa e coraggiosa alle sfide che aspettano i nostri ragazzi. La digitalizzazione che sta profondamente trasformando il nostro modo di vivere e lavorare richiede soprattutto un ripensamento radicale del modo di insegnare e quindi del ruolo degli insegnanti. Né il governo né il personale della scuola hanno compreso l’ urgenza di proporre una didattica che consenta a questi giovani di diventare innovatori. Bambini e studenti devono tornare al centro del dibattito, la scuola è la loro.

Dobbiamo alimentare la loro fisiologica curiosità.
Dobbiamo stimolare la loro creatività. Dobbiamo spingerli ad intraprendere per provare a risolvere problemi sempre nuovi. Dobbiamo aiutarli a maturare quel metodo scientifico che da noi non ha mai trovato spazio nel confronto quotidiano, rallentando lo sviluppo conoscitivo nella convivenza civile con riflessi negativi pure sulla capacità di adeguare di continuo le istituzioni. Il metodo scientifico si occupa dei problemi nella prospettiva del domani mentre la scuola studia solo il passato.

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PNR