La Stampa, 7 novembre 2016 –

Le osservazioni sollevate dal presidente Boeri si fondano su dati oggettivi e per questo sono apprezzabili. La soluzione che propone invece no. Le donne non sono valorizzate nel mercato del lavoro, anzi sono penalizzate, è vero. Lo dimostrano i dati ISTAT così come i programmi che sempre più imprese stanno attivando per incentivarne la partecipazione nelle decisioni aziendali.

In proposito ci sono studi molto interessanti che ci dimostrano che la questione non è soltanto di natura morale, ma è anche pragmatica. Se vogliamo essere più competitivi dovremmo essere sufficientemente attenti da lasciare più spazio alle donne. Sulla presenza del padre, su cui Boeri si sofferma, la questione è molto più complessa perché non ci sono sufficienti evidenze per spiegare che il congedo obbligatorio per quindici giorni (inclusi i festivi?) durante il primo mese è significativo per il benessere del neonato e della famiglia oltre che del padre stesso. Che un papà possa stare con la partner – o il partner – e il neonato è sacrosanto. Che siano ipotizzati degli incentivi per favorire il congedo di paternità – cioè politiche parentali – lo è altrettanto. Non dovrebbe tuttavia essere imposto per legge. Non è compito di una Democrazia Liberale stabilire quali debbano essere i comportamenti dei suoi cittadini, ne’ quale sia il loro bene. Al contrario, un Governo dovrebbe rispondere alle esigenze degli individui incentivando le condizioni che ne favoriscono la convivenza. Promuovere il congedo di paternità, così come valorizzare il ruolo di tutti i generi nel mercato del lavoro, migliora tale convivenza e ne amplia le libertà e di conseguenza aiuta a creare quelle opportunità da cui deriva la maggiore prosperità di ciascuno.

Imporlo per legge no. Potrebbe generare una migliore performance ma potrebbe anche non funzionare e comunque finire per ledere la libertà effettiva di un cittadino. Per esempio, perché il congedo dovrebbe avvenire nel primo mese di vita del neonato? Perché non può avvenire dopo, come prevede la legge attuale? O perché non prima della nascita? L’obbligatorietà finirebbe per generalizzare una moltitudine di situazioni che sono invece diverse per ciascuna coppia.
I fattori sono molti per cui occorre una riflessione articolata e rigorosa che coinvolge i cittadini e le loro rappresentanze. Non è nemmeno sufficiente fare riferimento ai risultati ottenuti da altri Paesi che hanno applicato una norma simile. Così come è limitativo celebrare i miglioramenti ottenuti con l’implementazione della nuova legge. Non abbiamo la prova per dimostrare che facendo diversamente avremmo potuto ottenere risultati migliori. Si eviti l’ errore di comparare la proposta Boeri alle così dette quote rosa. Anche qui le premesse sono condivisibili ma la soluzione è criticabile. Non si può imporre per legge l’idea di come dovrebbe essere il mondo, per quanto corretta questa possa essere. E’ invece compito della politica promuovere le condizioni per creare una società più aperta, dove gli individui possano prosperare liberamente. E’ compito della politica o del presidente dell’ INPS?

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PNR