L’eredità politica di Castro è una rivoluzione di 57 anni che negli ultimi anni è diventata un fossile da museo del totalitarismo in stile sovietico. Raúl Castro ha cercato di preservare il regime, soprattutto attraverso l’apertura agli Stati Uniti. L’iniziativa ha sì portato più dollari e turisti a Cuba, ma non ha mitigato la soffocante e spesso violenta repressione delle libertà di parola, riunione e di altri fondamentali diritti umani.

La Cuba di Fidel Castro vantava un livello senza precedenti di autonomia dagli Stati Uniti. Sotto Castro gli indicatori del paese in materia di sanità pubblica e alfabetizzazione sono stati nettamente superiori a quelli di molte altre nazioni latinoamericane (ma lo erano anche prima della rivoluzione). Ma per queste “conquiste” i cubani hanno pagato un prezzo terribile.

Oggi Cuba sopravvive grazie al petrolio venezuelano e alle rimesse dei milioni di cubani che sono scappati dal regime di Castro. Il paese dipende anche dai turisti, compresi i sempre più numerosi americani, molti dei quali, purtroppo, sono attratti dal commercio sessuale ufficialmente tollerato da Cuba. Da questo punto di vista, la rivoluzione si è limitata a riportare Cuba ai giorni di Batista. Il consolidamento del regime da parte di suo fratello fa sì che difficilmente la morte di Fidel Castro porti a grandi cambiamenti. Per una nuova amministrazione statunitense è però un’ulteriore spinta a ripensare a come promuovere al meglio la libertà a Cuba, maggiori flussi commerciali e relazioni migliori con il talentuoso ma devastato paese lasciato da Castro.

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PNR