Quanto costa innovare nel settore farmaceutico? Molto, sostiene un report dell’OCSE appena rilasciato (http://www.politico.eu/wp-content/uploads/2017/01/OECD-on-new-drugs-and-pricing.pdf). Questo rappresenta un problema di sostenibilità nel medio-lungo termine per l’industria farmaceutica che investe miliardi di euro ogni anno, assumendosi molti rischi, e per il cittadino che deve curarsi. Se infatti consideriamo che il futuro della medicina globale è rappresentato da un mix di farmaci tradizionali o consolidati, farmaci innovativi e orfani, chirurgia di precisione, dispositivi controllati da remoto, genomica e robotica, i costi e gli investimenti sono destinati inevitabilmente a salire. Non solo, a ciò si devono aggiungere nuove patologie cui la ricerca non ha ancora trovato una cura o un trattamento risolutivo e, sul fronte opposto, molti farmaci efficaci che restano invece inaccessibili a molti a causa del loro alto impatto sui bilanci pubblici.

Oggi la situazione è già vicina al limite dell’insostenibilità. Il costo dei farmaci, tutti, è salito vertiginosamente a danno del contribuente e degli operatori della sanità pubblica, primo su tutti il sistema sanitario nazionale. Come sottolinea più volte l’OCSE, l’intervento governativo, anche se animato dalle migliori intenzioni, ha prodotto risultati piuttosto scadenti e poco incisivi sul prezzo finale dei farmaci.

In particolare il sistema di accordi sui prezzi fra Stato e industria, adottato soprattutto in Italia e Inghilterra, non ha garantito gli effetti sperati sul mercato e non ha aumentato la portata dell’innovazione farmaceutica. In poche parole si è cercato di legare il prezzo finale di un dispositivo medico al suo reale e immediato funzionamento. Ciò ha comportato un freno all’innovazione da parte delle compagnie private e ha innalzato i costi burocratici e amministrativi, provocando un effetto contrario ai buoni propositi di partenza.

L’OCSE stesso infatti consiglia un uso “parsimonioso” del metodo di concertazione fra Stato e compagnie farmaceutiche basato sulle performance dei singoli prodotti. È qui che entra in gioco il concetto di “valore della ricerca” e ci si chiede chi è che dovrebbe decidere che cosa ricercare o meno. Oggi questo ruolo è occupato in modo invasivo dallo Stato. Il quale, selezionando chi vince e chi perde nell’universo della ricerca farmacologica, permette che spesso vengano lasciati per strada pezzi importanti di innovazione. Non è detto, infatti, che una ricerca attualmente in corso e con risultati ancora incerti non possa essere implementata per ottenere esiti positivi. Ma se il sistema dipende dalla decisione governativa che si basa solo sui prezzi, e sui tagli, e non sulle prospettive di ricerca, allora molte strade potenzialmente percorribili rimarranno inesplorate. Con perdite sia per il sistema sanitario sia per il settore privato che investe continuamente sui propri prodotti.

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PNR