La mia intervista a Frediano Finucci per Informazione Senza Filtro
2 maggio 2017
In tempi di realtà virtuale, webinar, social network e curriculum con codici QR, può apparire anacronistico se non bizzarro che si usi una forma di comunicazione antichissima come il teatro per insegnare ai giovani come predisporsi a trovare lavoro. Certo, va detto che specialmente per i giornalisti è diventato di moda travalicare il media abituale e respirare la polvere del palcoscenico (vedi i vari Saviano, Travaglio e Scanzi) con la speranza di riuscire ad emulare campioni come Baricco e Paolini. Ma qua parliamo d’altro. Parliamo di uno spettacolo in chiave decisamente costruttiva incentrato sui temi del lavoro, della scuola e del cambiamento correlato a questi due mondi. Temi impegnativi, dunque. I due insoliti istrioni sono Pietro Paganini, 42 anni, docente di Business administration alla John Cabot University e Stefano Cianciotta, 45 anni, docente di Comunicazione di crisi all’Università di Teramo. La loro performance si chiama Allenarsi per il futuro ed è tratta dall’omonimo libro del quale sono autori. Si tratta di uno spettacolo interattivo, pensato per gli studenti, che ha uno scopo dichiarato da far tremare i polsi: analizzare come si evolverà il mondo del lavoro e di conseguenza far riflettere sulle possibilità che ha un giovane di affermarsi. Lo spettacolo si incammina lungo alcuni binari ciascuno dei quali varrebbe da solo un seminario universitario: l’inadeguatezza della scuola italiana, la centralità del ruolo dell’insegnante, il darwinismo dei lavori di fronte alla tecnologia, la riscoperta dell’importanza del gioco, la convinzione che il clima di apocalisse legato al futuro del lavoro sia un’invenzione giornalistica e per superarlo basti avere idee valide ma soprattutto farsi le domande giuste.
Paganini, come è nata l’idea dello spettacolo teatrale?
E’ nata da un produttore che ha partecipato alla presentazione del nostro libro. “Visto che di solito le presentazioni sono noiose – è stato il suggerimento – perché non fate un adattamento per il palcoscenico”? A questo punto il produttore ci ha presentato un vero professionista, Pietro Sparacino, che oltre ad essere un comico e regista è anche una Iena, cioè è uno degli inviati della trasmissione di Mediaset. O meglio, ad essere precisi è uno stand up comedian, un comico che parte nei suoi monologhi da una riflessione sociale e politica. Il suo ruolo è quello di rendere i temi del libro, che sono seri e “pesanti”, leggeri e piacevoli ponendoci domande e creando situazioni ironiche. Insomma ci alza la palla sul palcoscenico. La sua comicità non deprime i contenuti, al contrario li esalta.
Come fate a rivolgervi ai giovani che notoriamente hanno una soglia di attenzione bassissima?
Lo spettacolo è breve, dura poco più di un’ora, e presentando un formato teatrale riesce a coinvolgere il pubblico proponendo tematiche che sono molte care ai giovani, come il lavoro e la scuola. Rispetto alle conferenze tradizionali, devo dire che è un grande salto in avanti in termini di coinvolgimento di pubblico. Il linguaggio e il ritmo di un’opera teatrale coinvolgono l’audience rispetto alla tradizionale presentazione o conferenza.
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