di Raffaello Morelli

Il tema della settimana sono i nostri rapporti umani con il tempo fisico. E’ percepito da tutti in maniera netta, però generica ed emotiva e con vari approcci. Alcuni vengono espressi sul numero presente. Io tratteggio i motivi per cui ritengo sia il momento di ingegnarsi per trasformare a fondo i nostri strumenti culturali, scientifici, istituzionali, incardinati  sull’aspirazione a trovare modelli definitivi al di fuori del tempo e di reimpostare appieno quegli strumenti adottando il più possibile i meccanismi operativi del tempo (in proposito ho scritto due libri di piccolo formato, il secondo nel 2016 e l’altro un pò prima, richiedibili a Campagneliberali). Finora la conoscenza ha avuto l’ossessione millenaria, pur scemata negli ultimi quattro secoli,  di operare su modelli del reale statici e su aspirazioni deterministiche all’eterno, anche nel governare la convivenza. Ora ritengo ineludibile uno sviluppo della conoscenza teso ad inglobare il tempo, irreversibile e trascinante, negli strumenti descrittivi del mondo in cui si vive.

Il mondo è impastato nel tempo e non si può conoscere di più ponendosi l’obiettivo di conoscere tutto a costo di negare il tempo fisico nella strumentazione usata (analogamente non si può governare la convivenza con le utopie e gli illusori programmi  ideologici o religiosi avulsi dal passare del tempo). Al fine di introdurre il tempo irreversibile nei meccanismi logici di indagine sui fatti, si pongono due questioni. Circa gli strumenti scientifici, occorre mettersi in grado  di  non ricorrere più all’utilizzo dell’infinito (di cui nel mondo non esiste traccia) e di inserire al massimo il meccanismo della probabilità quale rappresentanza del reale; il che significa riflettere sui grandi cambiamenti scientifici del ‘900, molto rilevanti ma non esaustivi, in quanto rimasti nella vecchia logica dei modelli rigidi (parecchio la relatività,   meno la meccanica quantistica). Circa gli strumenti di governo nella vita quotidiana, istituzionali e normativi, occorre mettersi in grado  di modellarli di più sullo scorrere del tempo, facendo uso sia del metodo scientifico per capire gli avvenimenti che del conflitto democratico tra cittadini diversi per decidere le regole e le iniziative pubbliche della convivenza.

Da questi fulminei cenni, si può cogliere anche il perché, nel campo politico, la logica del tempo fisico è assai correlata al liberalismo. Perché il liberalismo è il metodo che si basa sul cercare i mezzi per realizzare in un luogo e in quell’epoca la massima libertà dei cittadini che vivono lì. Ed è evidente che questo affidarsi all’esprimersi e allo scegliere di una miriade di cittadini diversi, costituisce il sistema più penetrante per tener il massimo conto dei cambiamenti nel convivere al passar del tempo.

Non a caso, l’impegno a tener conto del tempo fisico così da evitare i modelli rigidi, è contrastato in pieno dai sostenitori delle teorie che alla verifica dei fatti antepongono i propri schemi volutamente definiti e perfetti (prodromo alla concezione conservatrice della gestione del potere, tipo quella dell’ignorare la crescita continua del debito pubblico accumulato perché trattarne smentirebbe la prassi dei privilegi).  A primavera, ad esempio, l’Adelphi ha pubblicato “L’ordine del tempo”, in cui non si attribuisce realtà fisica al tempo irreversibile. Il tempo sarebbe una nostra immaginazione.  In  barba ai fatti, il concetto di tempo vien cancellato in base non ai risultati sperimentali ma alle supposizioni delle teorie fisiche che ne fanno  a meno. Per questo “L’ordine del tempo” è nella sostanza  un ritorno alla concezione positivista della scienza, corrispondente agli ideologismi antiindividualisti del ‘900 e alla pratica religiosa che scambia la spiritualità con l’appartenenza comunitaria. Di certo, da voce ai nemici della società aperta e del metodo liberale, fisiologicamente chiusi all’ammettere che il tempo ci sovrasta e che la vita esiste in quanto c’è il tempo.

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PNR