Al Conflitto è dedicato questo numero di PNR. Le analisi che vi propongo questa settimana sono stimolanti e spero che possano contribuire a risvegliare il dibattito pubblico, ormai sterile e cialtrone.
L’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) sembra un gruppo di perdi tempo. Come al solito non è stata prodotta alcuna decisione importante per noi cittadini del mondo. Persino il Presidente Trump è riuscito a distinguersi dalla banalità di molti leader, soprattutto quelli che rappresentano l’Europa, del tipo “dobbiamo unire e non dividere”. Il suo pragmatismo istrionico ha messo in evidenza la scarsa visione, gli obiettivi nebulosi e la superficialità dei contenuti.
Però l’ONU non è solo un luogo per prendere decisioni rapide e importanti. E’ soprattutto un’occasione di incontro, confronto e soprattutto conflitto tra idee e modi di interpretare il nostro ruolo di cittadini e il grado delle nostre libertà. Il confronto e il conflitto richiedono tempo e tanta pazienza. Nell’età dei robot e dei social media di tempo e pazienza ne abbiamo poca.
Purtroppo, i nostri rappresentati europei non cercano il confronto e il conflitto tra le idee, ma inseguono come nella tradizione storicista e idealista, un mondo perfetto, appunto ideale, che dovrebbe soddisfare tutti, negando di fatto quello stupendo carattere di originalità che ci rende tutti diversi e che ci ha aiutato a svilupparci. Di fatto, rifiutano il primato della ragione e il conflitto, cioè il confronto non violento tra le idee, che purtroppo a volte, dobbiamo prenderne atto, e non nascondere la testa come gli struzzi, è violento.
Faremmo bene perciò a ricordarci che il conflitto è il carattere fondante della Società Aperta, cioè quell’insieme di regole che dovrebbero favorire la convivenza tra cittadini liberi. E’ nostro interesse allargare la Società Aperta coinvolgendo più cittadini possibile, ma per farlo dobbiamo appunto, mettere le nostre idee a confronto, scontrandoci anche con chi la Società la vuole chiusa. E come Popper ci ha ricordato, i nostri primi nemici sono a casa nostra, e sono molti e molto meno illustri di Platone, Hegel e Marx.
Il conflitto andrebbe coltivato a scuola, per nutrire il senso critico ed incentivare il metodo sperimentale.
Il conflitto è alla base della scienza e del metodo scientifico. Ipotesi originali si confrontano continuamente con le norme stabilite per falsificarle e avanzare il sapere. La scienza non è fatta di rivoluzioni ma di sviluppo.
Il conflitto è lo strumento dell’innovazione. Da idee che configgono ne emergono di nuove per migliorare il modo in cui conviviamo.
Il conflitto è fondamentale in politica per le medesime ragioni.
Il conflitto dovrebbe spronare media e pensatori, chi opera per raccontarci il mondo e influenzarne la cultura.
Il conflitto dovrebbe stimolare il dialogo e il confronto delle idee tra genitori e figli, avvicinandoli. I gap generazionali si traducono in distacci incolmabili.
Così non è. I media negano il conflitto per imporci una realtà verosimile. La politica si è snaturata per appiattirsi sull’ovvio. La scuola ha negato il conflitto per conformarsi al sistema politico idealista e storicista. La scienza è messa in dubbio da tutti, scuola, politica e media.
Non restiamo che noi a difendere il conflitto.
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