Nel 1497 Giovanni Caboto sbarcò in Nord America. Cinque anni prima, il 12 Ottobre, Cristoforo Colombo incappò nel Sud dell’America. Erano entrambi italiani (cervelli in fuga) al servizio dell’Inghilterra (da qui John Cabot) e della Spagna. Erano entrambi scopritori. Scoprirono il nuovo mondo (di allora) contribuendo a trasformare radicalmente gli equilibri economici e soprattutto il modo di vivere. La scoperta è il tema che abbiamo voluto affrontare questa settimana.
La scoperta di Colombo è il frutto del caso, come sanno anche i bambini. Il caso fa parte, ne è una variabile, delle scoperte scientifiche. Il viagra, la penicillina, i fiammiferi, e molti altri strumenti, ne sono la dimostrazione. Colombo era un esploratore, un curioso che confidava nel metodo scientifico. Il metodo sperimentale era ancora grezzo, ma da lì a poco avrebbe consentito a noi uomini di accelerare la produzione di conoscenze e lo sviluppo tecnologico.
La propensione alla scoperta come la forza dell’immaginazione, devono però essere coltivate sperimentalmente. Non a caso Caboto e Colombo trovarono supporto laddove vi era, per diverse ragioni, un terreno più fertile. Dove non si stimolano le scoperte si finisce per vivere di sola immaginazione, e quindi con il proporre un’idea fissa del mondo. La scoperta presuppone invece, la continua ricerca attraverso la confutazione di quello che si è trovato fino ad allora.
In questo contesto, come scrive Morelli su PNR di questa settimana, il ruolo della politica è quello di stimolare le scoperte, non di inibirle. Meravigliarsi di ogni cosa è il primo passo della ragione verso la scoperta (L. Pasteur).