Quando la Censura fa Autogol
di Pocah
Martha Payne è una bimba scozzese che a nove anni nel 2012 decise di aprire un blog per commentare i suoi pasti a scuola. Sperava di attirare un po’ di attenzione sul tema della scarsa qualità della refezione scolastica e di raccogliere qualche centinaio di sterline per la charity Mary’s Meals, che offre pasti nelle scuole ai bambini indigenti.
Considerate le prelibatezze che mediamente vengono servite a mensa, non c’è da stupirsi se il dirigente scolastico non la prese bene, nonostante il tono pacato della bambina. Infatti, mentre questa instagrammer in erba postava innocentemente con crescente successo scatti dei suoi vassoi su NeverSeconds, il buon preside, che chiameremo Catone, un bel giorno durante la lezione di aritmetica convoca la povera Martha nel suo ufficio e le intima di rimuovere le foto dal blog e di smettere di postare prove delle sevizie alimentari da lui indirettamente inferte, sostenendo che stava gettando discredito sul suo operato e su quello degli addetti al servizio mensa.
Ora, per quanto numerosi fossero i follower, quanti utenti unici poteva mai avere NeverSeconds? Sicuramente molti meno di quelli che ha guadagnato grazie al goffo quanto arrogante tentativo di censura operato di Catone l’HeadMaster.
Perché in men che non si dica il numero dei suoi lettori salì alle stelle. Una sommossa digitale si levò in sua difesa il giorno in cui la povera Martha annunciò suo ritiro dalla rete. In tutto il mondo siti, altri blog, giornali si mobilitarono per sostenere NeverSeconds contro la ridicola e miope censura. Intervennero persino The Guardian, il noto chef Jamie Olivier ed il Ministro della Pubblica Istruzione, e la raccolta fondi per Mary’s Meals ebbe una impennata.
Alla fine vinse Martha, che in due anni ha raccolto grazie al suo blog più di 143.000 sterline diventando una paladina del diritto dei bambini ad una buona e sana alimentazione. Firmava i suoi post come VEG, che non sta per VEGAN, ma per Veritas Ex Gustu, lo pseudonimo che le ha consigliato suo padre. Ma, come scrisse nel suo blog, visto che il latino non lo conoscono tutti … meglio VEG
Questo è un classico esempio di quello che gli esperti in comunicazione digitale definiscono “Effetto Streisand”, quello per cui nel tentativo di censurare una notizia, si ottiene esattamente l’effetto opposto, ovvero quello di darle ancora più visibilità. Perché si chiama cosi? La definizione è di un blogger USA , che si è ispirato ad una disavventura occorsa nel 2003 proprio alla star Barbra Streisand, che citò in giudizio –perdendo la causa – un sito per aver pubblicato incidentalmente le foto della sua “casetta” sugli scogli a Malibù, in un reportage che documentava l’erosione della costa californiana. La Streisand, sentendosi violata nella sua privacy, ne chiese la rimozione, attirando sulla una enorme attenzione ed ottenendo come risultato nel mese successivo 500 mila ulteriori visualizzazioni della foto della sua umile dimora, ora finita addirittura su Wikipedia tra le “most ridiculous lawsuits”.
L’”Effetto Streisand” è un monito per brand e celebrity e ci dimostra quanto sia pericoloso cercare di insabbiare o cancellare con azioni eclatanti una informazione considerata scomoda. Si rischia infatti di solleticare l’innata morbosa curiosità e l’avversione naturale nei confronti della censura della maggior parte delle persone, e di generare cosi un vero e proprio disastro mediatico.
Per evitare appunto l’”Effetto Streisand”, gli esperti in comunicazione consigliano sempre di valutare attentamente le modalità di reazione di fronte alla diffusione on line di informazioni che si ritiene possano ledere l’immagine o violare la privacy.
Riflettendo sul valore dell’iniziativa di Martha Payne alias VEG, mi è venuta voglia cercare in rete se per caso esiste un bambino italiano che abbia aperto un blog per documentare cosa mangia a scuola …
In piena era di “fake news”, demonizzazioni alimentari, chilometro zero, follie salutistiche e mania del “free from”, ne scopriremmo delle belle. Quest’estate la Regione Marche ha approvato una legge nella quale si dispone che nelle mense universitarie “Particolare attenzione è rivolta alla qualità dei prodotti, cercando di prediligere i prodotti non contenenti olio di palma, prodotti locali quali la pasta alimentare fresca, le carni cunicole, piadine e cresce sfogliate, ricotta fresca, formaggi D.O.P. nazionali come tutto il pollame, l’olio evo che deve essere prodotto con sole olive di provenienza nazionale, il pane prodotto con farina italiana; le carni bovine devono essere conformi al Disciplinare Bovinmarche allevatori Marchigiani ed avere la certificazione “No OGM” in base al marchio regionale “QM – Qualità garantita dalle Marche”, i bovini devono essere allevati nella zona tradizionale di allevamento che comprende la Regione Marche e regioni limitrofe; le carni suine devono provenire da animali nati ed allevati nella regione Marche in allevamenti aderenti alla filiera SUINMARCHE, macellati e sezionati in stabilimenti nazionali. Viene inoltre utilizzata pasta alimentare secca biologica. “
Non so voi, ma io penso che non sia esattamente questo quello che la scuola dovrebbe garantire.
Sarebbe bello se le autorità scolastiche si preoccupassero davvero della qualità della refezione e dell’educazione alimentazione per far si che il rapporto tra bambini e cibo si possa sviluppare in modo sano e senza fobie, pericolosa anticamera di squilibri e disturbi alimentari.
Sarebbe bello se un bambino italiano si facesse promotore del suo diritto e di quello dei suoi coetanei e delle loro famiglie di non essere indottrinati e di ricevere informazioni sostenute dalla scienza e non da pregiudizi e dagli interessi commerciali.
Sarebbe bello poter decidere di far merenda – ogni tanto – con una bella vaschetta di Nutella con la spatolina di plastica, come facevamo noi da bambini..
A certi geni della politica e della programmazione consiglierei una sana dose di autocensura.