di Dario De Gregorio
Il tema della costruzione di una classe dirigente che fosse al livello delle sfide che un paese (e per paese non ho in mente solo l’ambito istituzionale ma il “sistema paese” comprendente imprese, enti, associazioni e tutte quelle aggregazioni che in varia forma contribuiscono a creare il futuro di una comunità) deve affrontare nel medio-lungo periodo, si è sempre rivelato uno dei fattori fondamentali per garantirne una crescita sostenibile (e cioè proiettata nel tempo).
Le risposte che ciascun paese si è dato sono state e sono varie: forte intervento statale (penso al ruolo dell’ENA in Francia), grande libertà di azione alle iniziative private (modello più anglosassone in cui istituzioni come Harvard, Oxford e simili hanno sempre svolto il ruolo che l’ENA svolge in Francia), modelli più misti (come la Germania). Tutte queste esperienze, estremamente elitarie, sono sempre state la spina dorsale che ha accompagnato il successo delle società in cui operavano.
Il concerto di leadership si è trasformato nel tempo e benché sempre di più si vada verso modelli di leadership diffusa è altresì indubbio che la gerarchizzazione della società nelle sue varie forme è stato, è e sarà il modello che nel futuro guiderà le aggregazioni umane. Pertanto assicurare che chiunque si trovi in una posizione di leadership o comunque di rappresentanza degli interessi di una comunità (in una carica elettiva ad esempio) rientra a mio parere nel novero delle obbligazioni che devono essere considerate fondamentali dalla società.
È ovvio, a mio parere, che nell’era digitale tale concetto non possa più considerarsi privilegio di pochi ma debba essere una costante preoccupazione di chiunque debba provvedere alla gestione di un’impresa, di un ente pubblico, di organizzazioni di ogni tipo (compresi i partiti politici). È altrettanto ovvio che debba essere la preoccupazione primaria della maggiore istituzione preposta all’education dei cittadini, il sistema scolastico nel suo complesso.
Ho avuto la fortuna ed il privilegio di un’educazione di primo livello, sia familiare che scolastica, ho sperimentato cosa significa crescere in una scuola di Management di prima grandezza quale era la SIP dell’ultimo periodo e la prima Telecom Italia dove avevi costantemente la guida, il supporto e lo stimolo di grandi maestri. Senza queste esperienze oggi non sarei probabilmente nella posizione che occupo. Ho avuto anche l’esperienza contraria quando eletto consigliere municipale mi sono trovato a contatto con un mondo, quello appunto della politica, in cui nessuno ti prepara a gestire (ad alto o a più basso livello, come nel mio caso) la cosa pubblica. Ed ancor di più ho capito il valore di una preparazione, proveniente dalle mie esperienze personali e professionali, che mi ha guidato in tale nuova avventura.
Educare a gestire e guidare, non importa se un’azienda, un’organizzazione o solamente il proprio condominio, è la base su cui si poggia il futuro. Forse proprio per questo è difficile perché implica una visione di lungo periodo che mal si concilia con una tendenza sempre più diffusa a guardare sempre più da vicino (le vendite del successivo quarter, le elezioni locali, ecc). Capire cosa, chi e come serve nei prossimi 10 o 15 anni è l’elemento che sempre più farà la differenza tra il successo e l’oblio.
Dario De Gregorio è Direttore Sviluppo Risorse umane presso OVS