di Raffaello Morelli

Per il liberalismo la comunicazione è un aspetto centrale della vita, in quanto l’attività essenziale di ogni individuo è scambiare la sua esperienza con quelle degli altri.

Ciò è fisiologico, eppure per secoli, e ancor oggi, tante società hanno posto diversi vincoli per contenere l’irrefrenabile spinta al comunicare. Naturalmente i liberali aiutano sempre chi agisce per rimuovere quei vincoli alla libertà individuale. La comunicazione scambio tra due individui fatta senza costrizione, non può avere vincoli di principio, salvo la responsabilità dei contenuti comunicati e del modo di farlo.  L‘impegno dei liberali serve anche nelle società più evolute. L’obiettivo resta mantenere oliati al passar del tempo i meccanismi politico legali di esercizio della comunicazione esistenti tra i cittadini, che conservino, e possibilmente migliorino, la fluidità dei rapporti. La comunicazione di ogni cittadino deve mantenersi libera da costrizioni, dirette o indirette.

Una simile esigenza vale in generale, stante la possibilità di strozzature nella libertà  anche mentre si usano mezzi di comunicazione collaudati. Ma, soprattutto, riguarda i mutamenti avviati dagli anni ’80 in poi dall’informatica (ma pure da ulteriori tecnologie). Mutamenti che sono occasione di grandi aperture ma al tempo stesso di nuovi pericoli per la libertà. Per scongiurarli occorrono proposte di nuovo genere.

Con questo intento, i liberali devono essere attenti a molti aspetti del comunicare, diversi come tipo e pericolosità. Alcuni, non in ordine di rispettiva importanza,  sono:

  1. L’informazione che un’unica fonte indirizza ad una molteplicità di destinatari. Va evitata un’oppressione comunicativa non rispettosa né del criterio del diritto al privato né di quello dell’antimonopolio, ambedue decisivi per la libertà individuale. Di conseguenza, l’invio di comunicazioni politico culturali a un numero di soggetti esteso non richiederà il consenso preventivo di ogni singolo ma, nel caso si usi il mezzo informatico, si dovrà rispettare l’eventuale rifiuto di ricevere altre comunicazioni espresso dopo l’invio; viceversa, spedire informazioni commerciali via web a un numero di soggetti esteso richiede il consenso preventivo di quei singoli soggetti a riceverle.
  2. La cosiddetta neutralità della rete Internet. E’ un danno per i cittadini. Li illude di poter disporre di un accesso  a prezzo basso e senza censura e perciò di trovarsi in un clima di libertà espressiva e di democrazia, mentre in sostanza li pone alla mercé dei gestori storici della rete protetti dalle novità in arrivo e autorizzati ad usufruire ancora del controllo sugli utenti, da loro usato gratis per guadagnare in termini commerciali (pubblicità e diffusione di contenuti). In realtà la normativa che obbliga a trasmettere in rete senza differenziare i dati trasmessi e senza assegnare la banda di trasmissione in base al prezzo pagato, rallenta molto l’innovazione tecnologica e mette nelle mani del legislatore la gestione delle scelte dei cittadini.  Così  i canoni paiono costi accettabili, però sono opachi nel mare dei servizi utilizzati e costituiscono un imponente finanziamento ai grossi fornitori di contenuti. Una liberaldemocrazia invece si limita ad esigere che chi fornisce accesso ad Internet lo faccia con offerte trasparenti in grado di consentire al consumatore di acquistare  il servizio ritenuto conveniente. Più ci si affida alle scelte dei cittadini, più migliora il clima della convivenza.
  3. La politica radiotelevisiva dello Stato italiano non corrisponde al ruolo pubblico siccome insegue la concorrenza ai privati. La RAI deve fare il servizio d’informazione pubblica tramite una sola rete senza pubblicità, sostenuta dal canone e basta. La programmazione  di questa rete sarà radicalmente diversa dalle tematiche proprie delle reti commerciali  e dunque eviterà l’ossessione per gli ascolti e per altre forme di gradimento elusive delle necessità civili e culturali dei cittadini italiani.
  4.  La pratica di finanziare testate giornalistiche dell’editoria privata – tanto  da configurare un aiuto di Stato all’editore a prescindere dalle scelte dei cittadini – costituisce una politica in contrasto col dare più libertà di valutazione al cittadino. Dunque va abbandonata.
  5. Il trascurare le conseguenze negative accessorie alla crescita delle conquiste digitali, è assai pericoloso.  Il rischio,  se non ci saranno regole mirate, è non solo impedire la concorrenza economica tra i gestori ma peggio fornire una comunicazione  conformista al cittadino. Dunque, si pongono problemi molti gravi in materia di diritti di autore, di pluralità dei contenuti, di trasparenza nell’uso dei dati raccolti sui profili individuali, di formazione di monopoli. In tutti questi campi – a livello internazionale ma  l’ Italia ha preoccupanti ritardi – Amazon, Facebook , Google e Microsoft hanno la medesima strategia. Che è controllare il traffico nel loro settore, al fine di eliminare interposizioni fra loro e il consumatore, attraverso prezzi molto bassi consentiti dai risparmi di scala raggiunti con la tecnologia globalizzata.  Strategie legittime dal punto di vista di chi le sceglie,  ma che hanno esiti pericolosi per la concreta libertà di comunicare del cittadino. Dunque per scongiurare questi pericoli, ci vogliono regole fiscali e antimonopolistiche efficaci. Ad esempio, vietare in Italia sconti oltre il 15% sui prezzi di copertina, non basta per salvare le piccole librerie, che garantiscono il pluralismo nella diffusione di ogni tipo di  opere, almeno fino a che sia divenuta capillare la capacità di lettura on line di ogni cittadino, attualmente posseduta da una percentuale bassissima di italiani. Se non si raggiunge prima una simile garanzia, è fortissimo il rischio che le grandi imprese mondiali impongano anche quali libri leggere e a quale prezzo.
  6. La montante tendenza, non solo dei social, di diffondere  notizie false è un danno di comunicazione grave che mina la convivenza libera. L’antidoto non è la censura preventiva  ma l’impegno pubblico sempre più robusto, iniziando dalla scuola, per far maturare nei cittadini il senso critico individuale e quindi la capacità di distinguere e valutare gli eventi.  Occorrono campagne per urlare che la vita è cosa più ampia della tecnologia, che capire il mondo non equivale a trovare alla svelta risposte stereotipate ad ogni domanda e che la realtà non significa notorietà ottenuta magari con la notizia clamorosa ma infondata, che è l’opposto del conoscere. Occorrono campagne di servizio culturale ai cittadini per diffondere l’importanza di conoscere davvero. Che è cosa complessa (dal capire il bisogno di meccanismi appositi, quali i tribunali per fare i processi  non in piazza, al non confondere il privato  con il diritto all’anonimato in rete onde non rispondere di quanto scritto oppure al presunto diritto all’oblio per passati comportamenti pubblici) e che è irriducibile ad un tweet, strumento utile per comunicare soltanto se non omologa la realtà in parametri arbitrari.

I sei aspetti precedenti non pretendono di esaurire il tema  comunicazione. Anzi, desidero richiamare due altri argomenti da seguire con occhio liberale.

Uno è la questione delle reti di nodi o blocchi di controllo via web, un modo recente per comunicare scambiando dati. Ciascun nodo è in connessione continua con gli altri. Mediante l’uso della crittografia e del calcolo,  vede, controlla, approva e archivia la storia di tutte le transazioni, che divengono tracciabili e che, siccome sono modificabili solo previo riesame ed approvazione da parte degli stessi nodi in base a regole pregresse, risultano anche immodificabili. La rete di nodi ha una logica diversa rispetto al rapporto centralizzato uno-tanti,  sia in sistema unico che in sistema decentrato in più centri coordinati tra loro. Infatti adotta una logica distribuita in cui non esiste più un centro e dove la gestione scorre tra tutti i soggetti titolari dei vari nodi secondo un criterio di partecipazione nuovo. Essendo una transazione modificabile previo altro accordo tra tutti i nodi, ha valore forte la decisione assunta tra diversi con uguali diritti normati.  Un’applicazione del genere individua un tipo di convivenza decentrata con possibilità che ogni partecipante goda in trasparenza di archivi condivisi e non modificabili. Il che è assai rilevante per transazioni finanziarie (inizialmente questa piattaforma è stata confusa con la sua applicazione per creare moneta virtuale, il bitcon). E lo è ancor più perché i dati sono sincronizzati ovunque nei computer connessi in rete (da qui l’alta rapidità di ricerca  sfruttando l’intera loro capacità di calcolo) e perché i nuovi nodi, una volta accettati, dispongono subito della duplicazione dati.

La rete di nodi di controllo è uno strumento di comunicazione da seguire. In termini di applicabilità, ha evidenti pregi e ad oggi anche evidenti limiti. Tra i pregi il potenziare le interrelazioni dei cervelli, gli eguali diritti dei partecipanti e la rapida snellezza delle comunicazioni senza bisogno di intermediari, tra i limiti un legame solo flebile con i fatti materiali, tipo l’anonimato dei nodi. Quanto alle monete elettroniche, ne va atteso lo sviluppo. Potrebbe portare a transazioni da pari a pari senza camera di compensazione centrale e senza le monete di carta o più facilmente arrivare a piccoli fondi sul portamonete elettronico per le spese quotidiane. In ogni caso, pur essendo le monete elettroniche attualmente troppo volatili, troppo rischiose e con una tecnologia ancora troppo sofisticata, è bene porsi fin da ora il problema di delineare una regolamentazione per arginare attività truffaldine ai danni del cittadino.

La seconda questione da guardare con l‘occhio liberale sono le conseguenze intellettuali della crescita della cosiddetta Intelligenza Artificiale. In prospettiva, l’intelligenza umana non dovrà inseguire l’IA sui territori sui quali essa è strutturalmente superiore – quali la capacità di calcolo numerico –  ma dovrà sempre più curare quei settori ove l’intelligenza umana è insostituibile. Quali la trasversalità, la multidisciplinarietà, lo spirito critico, il lavorare con gli altri umani. L’IA non è capace di avere spirito critico e buon senso. Di certo almeno per lunghi decenni ancora. Perciò, nella comunicazione di quanto attinente la realtà del mondo, l’IA  non può sostituire l’apporto degli umani.

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PNR