di Raffaello Morelli
A sei settimane dal 4 marzo, non è stato ancora presentato un progetto organico sul come trasformare il paese nei prossimi 10/15 anni. Tutte le liste fanno molte promesse ciascuna per vincere, non curando il governare, in specie con altri. E’ preoccupante. Oltretutto, quel poco che sta emergendo, non solo non corrisponde ad un progetto organico, ma di per sé indica impostazioni inadeguate per non dire peggio.
Nel centro destra, la Lega ha lanciato la penalista Giulia Buongiorno come candidata di punta. Resa nota dal processo Andreotti, già deputato con AN e poi Presidente della Commissione Giustizia della Camera all’epoca del PdL, l’avv. Buongiorno ha esordito in modo imbarazzante. Prima ha paragonato Salvini ad Andreotti asserendo che è concreto come era lui (il che, a parte l’avversione storica della Lega ad Andreotti, è un’affermazione lesiva delle capacità del “divino Giulio”). Poi, in un’intervista, ha pronunciato una frase incompatibile con un’impostazione liberale, che dovrebbe preoccupare i suoi alleati democratici non liberali in Parlamento. Ha testualmente detto che “Io non ho ansia di libertà. Sono favorevole a regole, sanzioni e divieti. Suona antico? No, suona buono. E’ un deterrente per i futuri reati e così evitiamo di importare immigrazione”. Dichiarando di non avere ansia di libertà, l’avv. Buongiorno dimostra o di non avere neppure idea che regole, sanzioni e divieti sono il modo liberale per rendere praticabile l’esercizio della libertà tra individui diversi, oppure di saperlo e, appunto per questo, di aborrire i principi liberali e di concepire la convivenza tra diversi come stato di polizia.
Quanto al PD, il segretario Renzi ha trattato di persona la candidatura a Bologna dell’alleato elettorale Casini, esponente della nuova lista Civica Popolare. Viene definita una mossa tattica per contrastare mostri sacri del PCI e poi del PD, quali Bersani e Errani, che sono della stessa Regione e ora tra i massimi esponenti di Liberi e Uguali. Solo che Renzi, pochi anni fa, si candidò alle primarie con un grosso manifesto che a sinistra aveva una foto della sua faccia e al centro in stampatello “Se vince Renzi, no a Casini” con sotto più in piccolo “nessun inciucio che ci impedisca di governare e di fare scelte”. Oggi lo stesso Renzi fa rappresentare da Casini la coalizione del PD. Il che testimonia la poco credibile coerenza delle sue prospettive politiche, specie mentre chiede voti per far governare da solo PD e liste collegate, pur sapendo che non ha i numeri. Allora, a parte il diluvio di sceneggiate da imbonitore in cui si urla che in Italia tutto va meglio di prima e a parte il legittimo obiettivo di conservare il potere, quale sarebbe il progetto vero del PD per l’Italia?
Nel governo, più che lo stare a galla ormai proverbiale del felpato Gentiloni, si distingue l’attivismo di Padoan, il quale, da candidato gioiello PD, rilascia interviste distinguendo tra “demolitori e costruttori”. Intanto è curioso contrapporsi ai demolitori mentre si rappresenta un leader nato proponendosi come rottamatore (sinonimo mediatico di demolitore) e che tuttora lo rivendica. Inoltre, Padoan, invece di rispondere della sua azione di Ministro dell’Economia e Finanze, parla come se non fosse Ministro già da 4 anni. Se l’Italia cresce meno di tutti, per lui la ragione sta in una carenza strutturale. “Una delle leve più importanti è quella degli investimenti pubblici. Però richiede che tra la fase di programmazione e quella di realizzazione ci sia una macchina pubblica che funziona. Spesso ci si lamenta del fatto che l’Europa non ci fa spendere soldi, eppure non passa mese senza che l’Europa mi faccia notare il ritardo nell’utilizzare le risorse… Sono convinto che se fossimo capaci di spendere le risorse disponibili nel bilancio fino all’ultimo euro cresceremmo già oggi almeno del due per cento”. Evidentemente non si rende conto che parole simili può usarle solo chi non ha mai governato finora. Oltretutto, Padoan nemmeno dice come pensa di fare il costruttore, vale a dire quali provvedimenti pensa di avviare per rendere funzionante la macchina pubblica e per affrontare il tema cardine dell’abbattimento del debito pubblico (non basta evocare una ripresa forte che non ci sarà finché i vari costi del debito peseranno in misura spropositata sui conti annuali e sulla credibilità internazionale).
Con simili impostazioni inadeguate e senza un progetto chiaro, la sensazione è che lanciare avvertimenti contro il populismo non faccia breccia presso cittadini in grave disagio socio economico (che è forte rispetto agli altri europei, nonostante il governo sbandieri una piccola ripresa assai fragile). Le promesse di chi ha governato negli ultimi diciassette anni (sette il PD con il csx , otto e mezzo Berlusconi con il cdx e 1,5 il tecnico Monti) non sono credibili quanto a capacità realizzative. E questo gonfia le vele dei populisti (“peggio è impossibile”).
Latitando un progetto per governare l’Italia, è anche assai improbabile, con la nuova legge elettorale, che la sera del 4 marzo ci sia una maggioranza numerica in risposta al tema di chi farà il governo e per che cosa. Lo scenario più probabile è che il M5S risulti il primo partito e che PD e FI restino lontane dall’avere numeri determinanti (su cui contavano). Però il mondo non cascherà e ci vorrà una soluzione in base alle indicazioni degli elettori, piacciano o no. Allora, smettendo di considerare i cittadini dei sempliciotti da raggirare con discorsi sul dover essere, nelle sei settimane di campagna sarebbe più produttivo non lanciare più promesse fantasiose e far emergere i punti circoscritti e condivisi da una maggioranza di liste politiche per il resto frontalmente contrapposte. Chiamare a raccolta i cittadini perché contribuiscano a scegliere i piccoli passi in Parlamento per stare insieme tra diversi, è un percorso utile per comprimere l’astensionismo che si basa principalmente sul senso di impotenza (l’elettore vota se conta, vedi il referendum contro la proposta oligarchica di riforma costituzionale). Aiutare così il Presidente della Repubblica a sciogliere alcuni nodi della matassa politica, sarebbe almeno un progetto minimale.