di Raffaello Morelli
Alle politiche del 4 marzo, nessuna lista si fonda su un progetto di società libera. Vuoi perché nessuna ha impostato la campagna su un progetto invece che sulle promesse, vuoi perché puntano a vincere il potere, non a migliorare la libera convivenza fra cittadini diversi. Constatare questo, non può indurre nel cittadino liberale la rinuncia ad esprimersi. Resta essenziale inserire dentro l’urna una scheda (per rifarlo un domani) e, prima di inserirla, non annullarla né evitare di compilarla (per non consegnarsi interamente agli altri). Non ritenerlo essenziale e abbandonarsi a gesti di presa di distanza, può essere un reagire istintivo ma parecchio sbagliato civilmente. I cittadini sono tanti e il voto è un diritto irrinunciabile di ciascuno. Ma la sua indispensabilità nel contribuire a decidere non lo trasforma nel diritto a votare solo se è probabile la scelta delle proprie preferenze.
Mancando liste progettuali, i cittadini hanno una sola via per manifestare il proprio avviso. Utilizzare un aspetto del come la legge elettorale 165/ 2017 configura i collegi uninominali. Sulla scheda il riquadro degli uninominali mostra il nome del candidato ma non espone alcun simbolo (i simboli li hanno solo le singole liste nei rettangoli proporzionali sottostanti quello uninominale). Perciò il voto ad un candidato uninominale non è direttamente attribuito ad un simbolo: di certo in tutti i casi in cui il candidato è sostenuto da più simboli di lista, ma, anche nel caso di un’unica lista di sostegno, resta separato il meccanismo di attribuzione al simbolo. Di fatti, i candidati si possono presentare in un unico collegio uninominale (nei plurinominali fino a cinque purché con lo stesso simbolo). E soprattutto il voto al candidato uninominale è espresso facendo un segno nel rettangolo a lui riservato senza obbligo di voto in altri rettangoli. Alla fine, in ogni collegio uninominale (un territorio più vicino all’elettore) viene eletto il candidato più votato, mentre la distribuzione dei seggi nei plurinominali è proporzionale su liste rigide con un meccanismo molto complesso, che parte dal livello nazionale e prevede vari filtri. Dunque l’elettore potrà scegliere davvero chi eleggere tra i candidati uninominali solo in base al giudizio su quel candidato, senza votare direttamente un simbolo.
Votare nell’urna solo all’uninominale comporta due conseguenze.
Primo. Dato che, per tecnicalità nello scrutinio, diverranno pubblici i numeri dei voti riportati dal solo candidato, si avrà la misura dei pesi della persona e delle liste (con indicazioni di rilievo quando il sostegno è di più liste, ma significative pure se lo da una lista soltanto), quindi emerge la distanza dei cittadini. Secondo. L’elettore potrà scegliere valutando assai meglio i vari candidati in gara, non soltanto per le caratteristiche personali ma anche per l’inclinazione ai programmi operativi da appoggiare in Parlamento.
La seconda conseguenza ha almeno due altri effetti. Uno, valutare personalità e programmi di un candidato fa crescere lapossibilità di realizzare la maggioranza assoluta dei seggi in Parlamento (il che, stando ai sondaggi, riguarda solo il centrodestra e tocca poco i liberali). Di fatti, per i sondaggi è estremamente improbabile che i voti alle liste e basta siano sufficienti a vincere quasi il 70% dei collegi uninominali (necessario per scalare la maggioranza dei seggi) partendo dal 37 / 39% della coalizione distribuito in modo disomogeneo (il che è decisivo, dato che il primo partito da solo, il M5S, è non troppo indietro). Due – interessa tutti – permette di valutare chi sia il candidato più adatto a perseguire in Parlamento le prime quattro priorità dei liberali per restituire sicurezza.
La prima è una legge elettorale che dia la piena sovranità al cittadino. Seguono, tagliare il debito pubblico accumulato (€ 2,256 miliardi), enorme e in aumento (33% dal ’08 al ’16, nel ’17 più 1,65% ovvero 0,42% oltre inflazione) con contributi proporzionali onde rilanciare l’economia, ristrutturare l’ordinamento giudiziario, riorganizzare la burocrazia, che mette in cattiva luce le istituzioni e frena la libera iniziativa. La modifica della legge elettorale è la cosa decisiva, perché spetta ai cittadini sovrani affrontare le priorità del convivere. Averne una nuova sarà indispensabile per tornare alle urne presto, soprattutto qualora si verifichi quello che oggi è altamente probabile, cioè che il 4 marzo non dia subito un 50%+1 di seggi in parlamento. Situazione che richiederà convergenze mirate tra i parlamentari più attenti ai bisogni del paese.
Nel votare solo all’uninominale, i liberali scelgono chi è credibile quanto a comportamenti politici e chi vuole regole non manipolatrici del voto dei cittadini nell’assegnare i seggi. Una assegnazione che nel proporzionale è ora molto complicata (esistono dubbi di incostituzionalità), tanto da far dire agli esperti che la composizione delle Camere può andar oltre 36 ore dalla chiusura seggi (esempio, se una stessa persona è eletta in più collegi, è più lungo stabilire collegio di nomina, siccome è quello “meno” votato, all’opposto della logica democratica). Che sia essenziale il peso del cittadino, lo fa capire pure la dichiarazione di Berlusconi a metà settimana, “si può tornare alle urne anche senza cambiare la legge elettorale”. Perché l’obiettivo della 165 /2017 è dare privilegi a Renzi e a lui che l’hanno imposta. Avutili non vorrebbero rinunciarci.
Insomma, il cittadino ha dei sentieri per uscire da un clima asfissiante. Inizi con l’individuare chi cercherà in Parlamento le convergenze per rifare almeno la legge elettorale imperniandola sul cittadino sovrano.