LA7: No alle Nazionalizzazioni – Pietro Paganini – La7 L’Aria che Tira
No alle nazionalizzazioni è stato il contenuto del mio intervento alla trasmissione di La7 L’Aria che Tira. Nel mio intervento ho spiegato le ragioni che spingono parte dell’attuale Governo a volere un ritorno dello Stato in Economia. Ho analizzato il parziale fallimento delle privatizzazioni argomentandone le cause. Il Governo ha colto il problema ma non ha la soluzione. Le nazionalizzazioni non risolverebbero il problema, al contrario lo peggiorerebbero. Attentano alla Libertà individuale e di mercato.
Per approfondire segnalo questo intervento per la piattaforma Competere.eu contro lo Stato Innovatore che riporto qui sotto, e questo contro le nazionalizzazioni.
Un pensiero lo dedichiamo a John McCain e Neil Simon. In modo molto diverso hanno contribuito a stimolare il dibattito culturale e politico. Ci mancheranno entrambi sia per quello che hanno espresso e ci hanno lasciato, sia perché è sempre più raro – non solo in Italia – imbattersi in personalità impegnate ad alimentare la discussione sulle questioni che ritengono riguardare l’uomo e la nostra Libertà.
Sta pericolosamente ritornando lo statalismo, l’idea per cui lo Stato come organizzazione complessa intervenga realizzando opere, prodotti e servizi per i cittadini. Non ce ne siamo mai liberati per il vero. La nostra cultura, come quella di molti paesi del Sud Europa, ne è intrisa. La presenza di un soggetto a cui affidarci ci rassicura, illudendoci che le cose possano meglio funzionare.
PERCHE’ E’ IMPORTANTE? Il ritorno allo statalismo sarebbe un freno alla vibrante propensione imprenditoriale di noi cittadini, al libero mercato e quindi alla concorrenza che favorisce l’innovazione e la prosperità.
IL FALSO STATO INNOVATORE la credenza che lo Stato possa fare innovazione si è dimostrata falsa. Lo Stato può favorire le condizioni perché gli individui competano e innovino. Lo fa con le regole e con gli incentivi, cioè cercando di garantire pari opportunità a tutti. In questo contesto maturano le politiche industriali, cioè regole ed incentivi che la repubblica dei cittadini adotta per meglio concorrere ed innovare.
IL DISASTRO DELLO STATO IMPRENDITORE negli anni 80 e con gli inizi degli anni 90 ci siamo finalmente resi conto (dopo lunghissime battaglie liberali) che quella dello Stato imprenditore era una favola. Poteva funzionare in condizioni straordinarie, per periodi brevissimi e a costi molto elevati. Nel lungo periodo si è dimostrata insostenibile e soprattutto controproducente.
LA SOSTANZA DEL LIBERO MERCATO si sono così riconosciuti i fatti dal mondo anglosassone che la storia ci ha presentato: l’individuo libero innova e prospera nel libero mercato. Purtroppo non se ne è colto e apprezzato il meccanismo di fondo: il libero mercato funziona finché ci sono regole che tutelano la libertà d’azione e d’espressione dei cittadini, favorendone la convivenza e finché si sono le burocrazie pubbliche che ne controllano la corrente applicazione.
PRIVATIZZAZIONI STATALISTE si è così privatizzato seguendo quelle medesime strutture e/o logiche tipiche dello storicismo marxista quel confuso atteggiamento buonista espressione di sfiducia nello Stato. Il pubblico privatizzato ha continuato a funzionare secondo le medesime dinamiche dello Statalismo, perfino quando le condizioni storiche e le occasionali capacità manageriali hanno consentito di raggiungere risultati importanti attraverso l’efficienza e l’economicità organizzativa.
NON SIAMO UN LIBERO MERCATO questo spiega perché il libero mercato nostrano non è maturo e per giunta, è imbastardito da geni statalisti di cui non sembriamo in grado di liberarci. Questo perché l’appartenenza di un clan clientelare è più rassicurante (dal punto di vista degli interessi egoistici) della libera competizione tutelata dalle regole dello Stato. Di fatto lo Stato è gestito in modalità clan clientelare, ancora oggi, le cui regole si applicano anche a quello che dovrebbe essere il libero mercato.
Il drammatico crollo di Genova ha messo in evidenza che le regole dello Stato sono state progettate per favorire le cliente e non tutti i cittadini propensi ad esprimersi nel libero mercato. Per superare questa distorsione è necessario ripensare le privatizzazioni, cioè il rapporto tra stato e cittadini in modo da favorire la libera iniziativa e la concorrenza e da punire senza esitazioni in concessionari che non hanno adempiuto ai loro obblighi (il crollo una prova inconfutabile).
Il Governo invece, riconosciuto correttamente il problema, pensa di risolverlo ritornando allo Statalismo, per altro senza spiegare e probabilmente conoscere il come. Avremmo un processo inverso, uno STATALISMO PRIVATIZZATO, torniamo cioè alle imprese di proprietà dello Stato, ma sempre gestite dai clan, che seguendo la logica clientelare ci riproporrebbero le medesime logiche organizzative.
Il Governo del Cambiamento dovrebbe guardare al modello del mercato anglosassone, correggerne le storture quando presenti attraverso quelle regole che sono funzionali a tutelare la libera iniziativa dei cittadini e le pari opportunità di partenza di ciascuno. Così potremmo punire gli inadempimenti e insieme favorire l’innovazione e la prosperità.