Bali: Toward Sustainability – Pietro Paganini
A Bali (Indonesia) sono intervenuto all’IPOC 2018 – International palm Oil Conference, presentando la campagna No Palm No SDGs. Qui di seguito un resoconto. La presentazione in forma di conferenza teatro ha avuto un enorme successo riscuotendo l’apprezzamento dei 2000 delegati. Molti quotidiani e pubblicazioni l’hanno ripresa.
Un prolungato boicottaggio dell’olio di palma complica il raggiungimento dei Sustainable Development Goals (SDGs). Le etichette “senza olio di palma” sono un freno allo sviluppo sostenibile
Il boicottaggio dell’olio di palma complica il raggiungimento dei Sustainable Development Goals (SDGs) delle Nazioni Unite. Chi discrimina l’olio di palma, anche attraverso l’uso incontrollato delle etichette “senza”, è responsabile di questo fallimento.
La filiera dell’olio di palma sta fornendo un contributo importante al raggiungimento dei Sustainable Development Goals delle Nazioni Unite con il coinvolgimento dell’intera supply chain. Una catena di valori che include anche i Governi dei paesi produttori, le aziende, i piccoli e i grandi coltivatori, i raffinatori fino ai consumatori. Questo processo è stato riconosciuto anche da diverse organizzazioni e istituzioni internazionali, fra cui le Nazioni Unite medesime e la FAO.
IL DOPPIO STANDARD SOSPETTO Lo stesso non si può dire degli altri oli vegetali le cui filiere sono molto lontane dagli standard della palma da olio. Eppure, alcune Organizzazioni Non Governative (ONG) continuano ad essere più preoccupate e aggressive contro l’olio di palma, continuando ad ignorare le altre. Perché?
L’olio di palma è una delle filiere più sostenibili:
- risponde a standard di sostenibilità e sicurezza molto stringenti
- è soggetta a molteplici certificazioni tra loro in competizione proprio sul raggiungimento degli SDG
- rappresenta una straordinaria risorsa per la crescita economica e il miglioramento delle condizioni di vita: accesso all’educazione, diffusione delle conoscenze e innovazione cioè i fattori principale per favorire processi produttivi più sostenibili.
Da un punto di vista ambientale ed economico è molto migliore degli oli e dei grassi concorrenti:
- produttivitàper ettaro nettamente superiore;
- minore utilizzo di risorse naturali(terra, acqua) ed energetiche;
- minor utilizzo di fertilizzantie fitosanitari;
- costi di produzione inferiorisoprattutto se si considera l’elevata resa.
Ma proprio nelle caratteristiche qui esposte si trova la risposta al nostro quesito. Perché è boicottato in Europa? Perché è più competitivo dell’olio di girasole, dell’olio di colza e di qualsiasi risorsa alternativa di energia. Gli europei non riescono a farsene una ragione e si sono mobilitati per combatterlo e boicottarlo. Così facendo mettono però a rischio il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. La comunità internazionale, così come la Commissione europea e i governi degli stati membri, dovrebbero promuovere l’uso dell’olio di palma sostenibile. Esattamente l’opposto di quello che stanno facendo per proteggere gli interessi delle produzioni meno competitive e sostenibili.
ONG COLLUSE Da un lato è spiacevole dover denunciare i comportamenti incoerenti e, a volte, dannosi delle ONG. Il loro contributo al miglioramento della sostenibilità delle coltivazioni di palme da olio è stato, in passato, indubbiamente utile per stimolare e responsabilizzare la filiera. Chiediamo loro perché non mettono lo stesso impegno per altre coltivazioni. Oppure chiediamo loro per quale motivo preferiscono combattere guerre ideologiche, strumentalizzando i poveri oranghi, invece che preoccuparsi di favorire condizioni di vita migliori per i milioni di persone che traggono il proprio sostentamento dalla coltivazione delle palme da olio e dalla trasformazione dei loro frutti.
L’ALTRO VOLTO DELL’IPOCRISIA Più preoccupanti delle ONG sono le aziende alimentari che sostituiscono questo ingrediente con alternative meno sostenibili. Hanno spacciato questa svolta per un cambiamento positivo ma in realtà si tratta di mere strategie commerciali che sfruttano l’emotività dei consumatori. Emotività fomentata con campagne mediatiche false e prive di fondamento scientifico. Le aziende italiane e spagnole stanno facendo da apripista in Europa con slogan ingannevoli che illudono il consumatore, ma dietro non vi è alcun miglioramento del prodotto.
UN APPELLO AL BUON SENSO La comunità internazionale, l’Europa e i governi dei paesi membri dovrebbero vietare il claim “senza olio di palma” perché ingannevole e in-sostenibile!
Ci appelliamo perciò alle Nazioni Unite chiedendo loro di intervenire affinché gli SDG possano essere raggiunti nel più breve tempo possibile. Per farlo è necessario che si continui ad investire nella filiera dell’olio di palma sostenibile e si rafforzino le partnership fra tutti gli attori coinvolti. Chi abbandona questa strada rinnega l’urgenza di investire nella sostenibilità. Chi dice no all’olio di palma dice no agli SDG!
Chiediamo alla comunità internazionale di incentivare lo sviluppo di filiere responsabili e criteri stringenti anche per il girasole che proviene dalla Francia e dall’Ucraina, o la colza sempre proveniente dalla Francia e dalla Svizzera. Utilizzando questi prodotti si rallenta il raggiungimento degli SDG e si rinuncia a meno che, anche le alternative al palma non si impegnino ad ottenere la massima sostenibilità.
Se questo non dovesse accadere, il sospetto che quella della sostenibilità sia solo una scusa per colpire commercialmente una filiera molto più competitiva come quella della palma da olio sarebbe confermato. I paesi produttori, quali l’Indonesia, la Malesia e la Colombia si stanno ormai convincendo che, anche se raggiungessero i massimi livelli di sostenibilità, l’UE e le NGO continuerebbero con le accuse infondate e le minacce di boicottaggio.
È tempo che l’Europa si responsabilizzi e persegua la strada della vera sostenibilità, così come stanno facendo i paesi produttori di olio di palma. Oggi, da loro abbiamo solo da imparare.