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Da 25 anni il dibattito politico è diventato sceneggiata demagogica. Non stupisce che oggi sia difficile discutere sul taglio dei Parlamentari (proposta di legge costituzionale 1585-B) voluto dal Movimento 5 Stelle affidandoci al metodo scientifico.
PERCHÈ È IMPORTANTE? Il taglio dei nostri rappresentanti richiede modifiche al sistema elettorale. Nel Maggio 2019 è stata già promulgata una legge per ridisegnare i collegi. Ma ora il Partito Democratico vuole accompagnare il taglio con un nuovo meccanismo elettorale. È allora, indispensabile un dibattito pubblico trasparente sul funzionamento dei meccanismi elettorali.
IL TAGLIO Molti parlamenti democratici hanno numeri inferiori a quelli italiani. Il taglio sarà di 115 Senatori e 230 Deputati. Il PD si è sempre opposto finché ha compreso che la riduzione era la condizione per formare il Governo. Ha accettato il taglio al punto 10 del programma Giallorosso facendo aggiungere che la riduzione dei rappresentanti va accompagnata da una revisione del sistema elettorale per “incrementare le opportune garanzie costituzionali e di rappresentanza democratica”.
RISPARMIO E DEMAGOGIA Secondo il M5S si risparmierebbero molte risorse economiche. È un argomento debole se lo considera nell’insieme del bilancio dello Stato. Demagogico è invece, chi sostiene che riducendo i parlamentari si indebolisce la democrazia parlamentare a favore della piazza.
Il risparmio economico porrà fine alle polemiche contro il coacervo degli emolumenti parlamentari. Risponderebbe inoltre, al disagio dell’opinione pubblica verso una categoria che negli ultimi tempi non si è presa abbastanza cura dei cittadini.
LA RIFORMA ELETTORALE merita un dibattito pubblico più ampio per rispondere ad obiettivi chiari che al momento non ci sono. Si rischia di produrre il solito pasticcio delle ultime leggi elettorali che minaccia, ancora una volta, la libertà dei cittadini.
IL MECCANISMO Il taglio del numero dei parlamentari fa crescere la percentuale dei voti per essere eletti. Ed essendo l’attuale sistema un misto tra maggioritario e proporzionale, molti premono per il riequilibrio e il ritorno ad una distribuzione proporzionale, senza però spiegarne il meccanismo. Specie nel PD. Però non tutto il PD. R. Prodi per esempio, è contrario all’abbandono del maggioritario. Alcuni Liberali sono stati a nome del Partito Liberale – questa è storia – tra i promotori in Cassazione del Referendum poi vinto nel 1993 per introdurlo. E restano di questa idea.
IL MAGGIORITARIO è stato poi distorto, però. Non è più un meccanismo di spinta a formare coalizioni programmatiche mutevoli tra le quali il cittadino avrebbe scelto ogni volta, bensì è divenuto un modo per cristallizzare lo scontro tra i due partiti numericamente più forti ed ingabbiare il cittadino.
LA DEMOCRAZIA BIPOLARE in caso di collegi elettorali molto vasti come in Italia, è un pericolo oggettivo per la democrazia rappresentativa fondata sui cittadini, perché li priva della scelta. Al punto che si è anche arrivati al sistema illiberale delle liste bloccate i cui componenti sono scelti dal capo.
Non ha senso dire maggioritario o proporzionale senza previo dibattito pubblico tra i cittadini che chiarisca l’obiettivo della scelta e quale sistema elettorale si vuole adottare in concreto.