Covid-19 Il Paziente a Lungo Raggio – Paganini non Ripete 205 – Pietro Paganini
Del Covid-19 sappiamo molto di più dopo un anno di Pandemia, seppure non ancora abbastanza. Resta, per esempio, molta ignoranza su alcuni sintomi a lungo raggio che i ricercatori stanno riscontrando su chi ha contratto il virus anche in forma lieve.
Sono stato tra i primi a segnalare il pericolo legato agli effetti secondari del Covid-19 (medici e sociali). Ho invocato l’intervento delle istituzioni che non c’è stato. Con il Paganini Non ripete 205 voglio richiamare un ulteriore intervento istituzionale per ridurre gli eventuali effetti collaterali che potrebbero manifestarsi nel tempo.
Il Paziente a Lungo Raggio – Long Hauler
Tra quelli che hanno contratto il Covid-19, anche in forma leggera, alcuni manifestano sintomi di lungo termine (cefalea, esaurimento generale e danni al cuore, ai polmoni e ai reni). Difficile ricavare un numero o una percentuale, ma i dati raccolti dimostrano che sono tanti e il numero sta crescendo con il passare del tempo.
I LONG-HAULER sono coloro che manifestano i sintomi del virus nel lungo termine. Possono essere soggetti guariti al Covid-19, sintomatici con patologie serie o addirittura asintomatici che mesi dopo aver contratto l’infezione ed essere tornati negativi, continuano a riportare patologie riconducibili al virus.
PERCHÈ È IMPORTANTE Fino a qui sono stati ignorati. Le istituzioni scientifiche si sono preoccupate, necessariamente, di sviluppare un vaccino per raggiugnere l’immunità di gregge, di sviluppare terapie sicure ed efficaci, di ridurre il numero dei ricoveri, di ridurre i contagi. Ma si sono poco occupate dei sintomi di ritorno del Covid-19 che sembrano essere anomali. E’ importante avviare delle ricerche in materia per evitare che gli effetti della pandemia siano ancora più devastanti per la salute dei cittadini e la nostra economia già martoriata.
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DALL’INIZIO della Pandemia molti di questi sintomi di ritorno o di lungo termine sono stati imputati ad altre patologie. Ma con il passare del tempo sempre più evidenze scientifiche individuano le responsabilità nel SARS-CoV-2.
Uno studio pubblicato da Lancet ha scoperto che tra i pazienti cinesi più gravi, il 75% continua a manifestare almeno un sintomo tra quelli insorti dopo l’infezione.
Uno studio (non ancora pubblicato) tra oltre 3.500 malati di covid-19 in 56 paesi, ha scoperto che a 6 mesi dall’infezione più del 50% mostra ancora sintomi e non è in grado di riprendere il lavoro a tempo pieno, il 22% non può ritornare alla vita normale, incluso il lavoro. Preoccupante che tra i sintomi più comuni c’è la perdita di memoria, disfunzioni cognitive, e in generale sintomi multipli.
Altri studi riportano di cefalee continue, della perdita cronica di olfatto e del sapore, e di insonnia. In alcuni casi, meno per fortuna, sono stati individuati problemi ai tessuti del cuore e dei polmoni con difficoltà respiratorie croniche.
Il Covid-19 ha anche questa sfortunata caratteristica di durare per molto tempo dall’infezione. È un fenomeno raro tra i virus, ma che si ritrova in altri, come l’Epstein-Barr o herpesvirus e la varicella-zoster o Fuoco di S’Antonio.
Secondo un altro studio sembra che il Covid-19 resti nascosto nei tessuti per continuare a colpire. Non si sa però se sia il virus a riattivarsi autonomamente, o una persistente risposta immunologica alla prima apparizione. O ancora, se siamo in presenza di un ricircolo delle particelle del virus che scatena alcuni di questi sintomi.
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NON ABBIAMO ANCORA elementi sufficienti per spiegare le ragioni di questi sintomi di ritorno. Così come non si riesce a spiegare perché alcuni soggetti che hanno contratto il virus in età avanzata sono sopravvissuti e altri no.
PER PRODURRE TERAPIE che inibiscano il ritorno dei sintomi (e quindi dell’impatto che mantengono nel lungo termine sui cittadini con costi sociali elevatissimi) è necessario finanziare una serie di ricerche più approfondite e comprensive del fenomeno che ne spieghino prima di tutto, le ragioni che ancora non conosciamo.
LA POLITICA DELLA SCIENZA Insieme occorre la precisa consapevolezza che, impegnarsi in tale direzione, muta il registro dell’agire pubblico. Infatti, avvia una politica della convivenza più rivolta ai progetti di come risolvere le sfide concrete che si presentano nella realtà. Piuttosto che proseguire nella pratica politica di sbandierare promesse rassicuranti e modelli perfetti di Stato, che è stata per secoli il marchio del gestire il potere pubblico da persone e gruppi più o meno insensibili all’affidarlo alle scelte dei cittadini.