Long Hauler Covid-19 – Formiche – Pietro Paganini – Commento
Per Formiche ho scritto dei Long Hauler e di cosa istituzioni e politica dovrebbero fare per comprendere il fenomeno ed evitare ulteriori costi sociali ed economici. Per Formiche, la piattaforma di analisi politica e sociale ho discusso un problema poco conosciuto in Italia ed in Europa per capirne la portata. Il commento per Formiche non è un’analisi media ma politico sociale per invitare le istituzioni ad investire in ricerca. Poi si possono prendere decisioni politiche per intervenire, se necessario.
Chi sono i Long Hauler. Quali implicazioni sociali ed economiche possono esserci? Come possiamo intervenire?
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LONG HAULER COVID-19
Tra quelli che hanno contratto il Covid-19, anche in forma leggera, alcuni manifestano sintomi di lungo termine (cefalea, esaurimento generale e danni al cuore, ai polmoni e ai reni). Difficile ricavare un numero o una percentuale, ma i dati raccolti dimostrano che sono tanti e il numero sta crescendo con il passare del tempo.
I Long-Hauler sono coloro che manifestano i sintomi del virus nel lungo termine. Possono essere soggetti guariti al Covid-19, sintomatici con patologie serie o addirittura asintomatici che mesi dopo aver contratto l’infezione ed essere tornati negativi, continuano a riportare patologie riconducibili al virus.
Fino a qui sono stati ignorati. Le istituzioni scientifiche si sono preoccupate, necessariamente, di sviluppare un vaccino per raggiugnere l’immunità di gregge, di sviluppare terapie sicure ed efficaci, di ridurre il numero dei ricoveri, di ridurre i contagi. Ma si sono poco occupate deI sintomi di ritorno del Covid-19 che sembrano essere anomali. E’ importante avviare delle ricerche in materia per evitare che gli effetti della pandemia siano ancora più devastanti per la salute dei cittadini e la nostra economia già martoriata.
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Dall’inizio della Pandemia molti di questi sintomi di ritorno o di lungo termine sono stati imputati ad altre patologie, ma con il passare del tempo sempre più evidenze scientifiche individuano le responsabilità nel SARS-CoV-2.
Uno studio pubblicato da Lancet ha scoperto che tra i pazienti cinesi più gravi, il 75% continua a manifestare almeno un sintomo tra quelli insorti dopo l’infezione.
Uno studio (non ancora pubblicato) tra oltre 3.500 malati di covid-19 in 56 paesi, ha scoperto che a 6 mesi dall’infezione più del 50% mostra ancora sintomi e non è in grado di riprendere il lavoro a tempo pieno, il 22% non può ritornare alla vita normale, incluso il lavoro. Preoccupante che tra i sintomi più comuni c’è la perdita di memoria, disfunzioni cognitive, e in generale sintomi multipli.
Altri studi riportano di cefalee continue, della perdita cronica di olfatto e del sapore, e di insonnia. In alcuni casi, meno per fortuna, sono stati individuati problemi ai tessuti del cuore e dei polmoni con difficoltà respiratorie croniche.
Il Covid-19 ha anche questa sfortunata caratteristica di durare per molto tempo dall’infezione. È un fenomeno raro tra i virus, ma che si ritrova in altri, come l’Epstein-Barr o herpesvirus e la varicella-zoster o Fuoco di S’Antonio.
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Secondo un altro studio sembra che il Covid-19 resti nascosto nei tessuti per continuare a colpire. Non si sa però se sia il virus a riattivarsi autonomamente, o una persistente risposta immunologica alla prima apparizione. O ancora, se siamo in presenza di un ricircolo delle particelle del virus che scatena alcuni di questi sintomi.
Non abbiamo ancora elementi sufficienti per spiegare le ragioni di questi sintomi di ritorno. Così come non si riesce a spiegare perché alcuni soggetti che hanno contratto il virus in età avanzata sono sopravvissuti e altri no.
Per produrre terapie che inibiscano il ritorno dei sintomi – e quindi dell’impatto che mantengono nel lungo termine sui cittadini con costi sociali elevatissimi – è necessario finanziare una serie di ricerche più approfondite e comprensive del fenomeno che ne spieghino prima di tutto, le ragioni che ancora non conosciamo.
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Insieme occorre la precisa consapevolezza che, impegnarsi in tale direzione, muta il registro dell’agire pubblico. Infatti, avvia una politica della convivenza più rivolta ai progetti di come risolvere le sfide concrete che si presentano nella realtà, piuttosto che proseguire nella pratica politica di sbandierare promesse rassicuranti e modelli perfetti di Stato, che è stata per secoli il marchio del gestire il potere pubblico da persone e gruppi più o meno insensibili all’affidarlo alle scelte dei cittadini.