Quale sarà l’impatto delle sanzioni sulla Russia? Vi è un rischio default? Ma soprattutto, quale è la situazione per le materie prime, e l’impatto sull’economia italiana e europea? Ne soffrirà la produzione?
Le Conseguenze del Conflitto Russia Ucraina
Non propongo il solito riassunto ma riporto l’ultimo comunicato di Competere.eu con il mio allarme sulle scorte di olio di girasole e il grano che non sarà acquistato da Russia e Ucraina. Il Comunicato è stato ripreso da Agricolae e Agenfood.
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“Possiamo vivere senza scaldarci, ma non possiamo sopravvivere senza mangiare.” Questa la provocazione di Pietro Paganini, Presidente e Fondatore di Competere, think tank europeo che promuove politiche per filiere sostenibili a livello mondiale e che dispone dell’unica piattaforma di discussione scientifica sulla sustainable nutrition.
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Ci sono le catastrofiche conseguenze che la guerra porta con sé per le comunità direttamente colpite. In Europa gli effetti indiretti sull’energia potrebbero presto diventare il problema minore: a rischiare di affondare è infatti il comparto alimentare. L’incontrollato e insostenibile aumento dei prezzi delle materie prime agricole registrato in queste settimane- dal grano all’olio di girasole – sta per mettere in ginocchio interi Paesi a livello globale.
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La principale causa di questo incremento senza precedenti risiede nella rigidità della catena di fornitura di alcuni prodotti. Qui spesso abbiamo puntato anche a causa di politiche speculative e ideologiche. Circa l’80% dell’export mondiale dell’olio di girasole, su cui si è riversata la scelta degli operatori dopo il boicottaggio indiscriminato dell’olio di palma per realizzare prodotti destinati alla grande distribuzione alimentare, proviene da Ucraina e Russia: la chiusura dei porti sul Mar Nero sta ora provocando il blocco delle importazioni e la conseguente impennata dei prezzi. Le scorte stanno finendo e di girasole sul mercato non se ne trova più. Tanto che si deve ricorrere al mercato nero ma a prezzi superiori ai 2.000 USD m/t. Per l’Italia che ne importa più del 60% dall’Ucraina è vera emergenza.
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Con questi prezzi, insostenibili sul lungo periodo, e il serio spettro di una mancanza di offerta causata dal conflitto in corso, per soddisfare comunque la domanda gli operatori potrebbero valutare l’eventualità di ricorrere a ingredienti alternativi. «Quali? – si domanda ancora Paganini – Come dimostrano le esperienze recenti, soia e colza hanno problemi strutturali. Resta quello di palma. È però investito da un forte aumento del prezzo. +37% nelle ultime due settimane (elaborazione Competere da dati Bursa Malaysia), dovuto anche all’aumento repentino – in assenza di oli di girasole – della domanda. Molte imprese quindi, dovranno ricorrere all’olio di palma dopo averlo boicottato per ragioni commerciali e di marketing, pagandolo il doppio.
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La crisi corrente e le buie prospettive che abbiamo di fronte ci indicano quindi la vitale necessità di dotarsi di catene di fornitura resilienti e flessibili: non rivolte necessariamente al nostro Paese. Ma piuttosto diversificate e capaci di assorbire shock esogeni come quelli che stiamo attraversando. Paghiamo a caro prezzo gli effetti di anni di politiche ideologiche e speculative che hanno portato alla creazione di catene di fornitura rigide e concentrate in pochi Paesi. Catene che oggi, già frustrate dalla pandemia e oggi con un conflitto in corso, rischiano di spezzarsi in modo irrimediabile.