La Malattia dell’Occidente – Il Fatto Quotidiano – R. Morelli e P. Paganini
Chi adotta il metodo Liberale è molto preoccupato. L’Occidente sta attraversando una profonda crisi che sta corrodendo il funzionamento fisiologico delle istituzioni che dovrebbero garantire la Libertà e quindi la libera convivenza tra cittadini. La tragica vicenda ucraina ne è ulteriore dimostrazione.
Chi adotta il metodo Liberale deve proporre un’analisi critica della questione ucraina e di quanto si cela dietro ad essa. Questo è il commento per il Fatto Quotidiano scritto con R. Morelli che puoi leggere qui >>> o qui sotto nella sua versione originale.
La Malattia dell’Occidente
Chi adotta il metodo Liberale è molto preoccupato. L’Occidente sta attraversando una profonda crisi che sta corrodendo il funzionamento fisiologico delle istituzioni che dovrebbero garantire la Libertà e quindi la libera convivenza tra cittadini. La tragica vicenda ucraina ne è ulteriore dimostrazione.
Il trio che domina in Occidente (alta burocrazia USA, governo inglese e Segretario NATO) persegue da tempo azioni formalmente a sostegno della libertà contro le autocrazie, ma che di fatto riducono le Libertà ad un marchio imperiale che il resto del mondo dovrebbe riconoscere e accettare. In sostanza, il trio attribuisce alla (propria idea di) libertà un ruolo che contraddice le dinamiche profonde della stessa Libertà. In altre parole, la Libertà non può essere imposta.
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Negli anni ’80, la libertà ha sgretolato il comunismo e l’URSS non con le armi ma con il confronto aperto tra diverse maniere di vivere individuali e con gli scambi materiali anche tra avversari. E così continua a fare laddove la Libertà è coltivata, lentamente e faticosamente (anche con tante frustrazioni) e accettata dagli individui quale strumento per meglio convivere e prosperare più rapidamente.
Attualmente, invece, l’Occidente insegue il mito eroico della libertà, riducendola a una bandiera ideologica da sventolare senza preoccuparsi di accompagnarla con comportamenti coerenti. La libertà viene consumata per polarizzare il mondo in fedeli da premiare e in nemici da sconfiggere (sintomatico che la narrazione anglosassone continui a usare termini quali Good e Evil). Questa impostazione è sorda perché non sa ascoltare la diversità. Non riconoscere e accettare la diversità significa quindi, negare il principio su cui si fonda la Libertà, cioè la convivenza tra individui diversi (Libertà soggettive e oggettive).
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Incapace di ascoltare e valutare i fatti nella loro concretezza, incollato alla cultura rigida della Libertà come ideologia da imporre ovunque (esportare la Democrazia) l’Occidente si ritrova a ripetere gli errori del passato (la lista è lunga) attraverso, vista la portata del nemico, una guerra per procura.
Ha cominciato cancellando il ricordo della politica dell’Ucraina negli ultimi sette anni. Ha rimosso l’insistito inadempimento del patto di Minsk2 (2015) in cui l’Ucraina ha assunto l’impegno di inserire in Costituzione il riconoscimento dell’autonomia del Donbass, per cui la Russia ha sempre avuto grande interesse. E ha sorvolato sulla politica interna di Kiev dedita a continue restrizioni delle libertà civili. (di cui ci siamo già rapidamente dimenticati). Ha introdotto tra gli ucraini, in specie nell’era Zelensky, una folla di consulenti per spingere la richiesta di un’autonomia nazionale imperniata sulle provocazioni alla Russia e sulla richiesta ossessiva di armi, più che sull’esercizio delle Libertà. Del resto, gli ambienti di Washington stanno confermando di avere l’obiettivo non di difendere l’Ucraina bensì di cambiare il regime in Russia.
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Da qui la frenetica attività diplomatica del trio per lanciare e sostenere la politica delle sanzioni economiche contro la Russia (dopo anni di beatificata accoglienza di oligarchi di qualsiasi provenienza), al fine di esprimere plasticamente il concetto dell’ inarrestabile libertà imperiale. Come se provocare la caduta di Putin, risolvesse il problema di realizzare la Libertà quotidiana nel mondo.
Oltretutto, in queste settimane, i fatti hanno provato che la politica delle sanzioni provoca danni soprattutto a chi l’ha voluta, impedendo quei confronti e quegli scambi che delle Libertà sono la forza reale, dunque impoverendo i cittadini occidentali oltre che quelli delle regioni più povere del mondo. E infatti, nonostante la frenesia e i viaggi dei diplomatici, l’Occidente, nelle sanzioni economiche antirusse, non ottiene l’appoggio dalla maggioranza degli Stati e delle popolazioni mondiali. Una domanda di riflessione dovremmo farcela. Perché? Anzi, nelle ultime due settimane sono emersi forti dissensi tra USA (che avrebbero voluto far fissare dall’Occidente un prezzo massimo per il petrolio russo) e l’UE (che non ha accettato che gli USA stabilissero le condizioni del commercio petrolifero altrui).
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A questa grave malattia dell’Occidente in termini di vulnus al Liberalismo quale più efficace metodo di convivenza, l’Italia sta contribuendo senza riflettere sul cosa fare e adottando un’acquiescenza da paese colonizzato. La cosa più grave non è il non scegliere una politica meno distante dai principi liberali che tenga conto della realtà (quale riconoscere che la folle politica energetica di dipendenza dalla Russia non è rimediabile in pochi mesi).
Non è certo l’aiuto umanitario all’Ucraina (che oggettivamente è afflitta dall’emergenza, seppure non senza colpe). La cosa che dovrebbe preoccuparci è il servile fornire armi all’Ucraina, atteggiamento che corrisponde all’attuale logica invasata dell’Occidente. Ma contrasta irrimediabilmente con il dire che l’Italia ricerca la pace in Ucraina. Una simile ipocrisia è la tipica espressione di chi vuole farsi bello con Washington. Che sul punto non possono che concordare con Papa Francesco e il Vaticano che hanno dimostrato di essere capaci di ascoltare e operare per una soluzione che aiuti a promuovere la convivenza.
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E’ incredibile che, avventurandosi in acrobazie giuridiche da azzeccagarbugli, alcuni sostengano che sarebbe inutile coinvolgere il Parlamento sulla nuova situazione. Se il governo italiano vuole la pace, deve cessare di inviare le armi che alimentano la guerra (e fomentano il suo allargamento). E inoltre per coerenza, al vertice NATO di giugno ove vige il criterio dell’unanimità, dovrà porre il veto alla preannunciata proposta di schierare le truppe NATO ai confini orientali dei suoi paesi membri. Sarebbe una spinta ulteriore verso una politica del marchio imperiale attribuito fantasiosamente alla Libertà.
Non vuol dire cedere la nostra Libertà al diavolo. La libertà si difende prima di tutto ascoltando, riconoscendo la diversità. E seminando, in un percorso faticoso e infinito, il seme della Libertà attraverso il confronto, gli cambi commerciali, e le regole. Così ha sempre funzionato, e così funzionerà anche questa volta.