Ultraprocessato: la Grande Balla – Paganini non ripete 281 – Pietro Paganini
La bugia che si cela dietro la distinzione cibo “genuino” e cibo “ultraprocessato”? Scopri l’inganno dietro la semplicistica contrapposizione tra ‘salutare’ e ‘nocivo’ e come i consumatori sono influenzati da queste categorie per ragioni commerciali e politiche. La salute non dipende dalla lavorazione, ma dalla dose e dalla dieta del soggetto. Chi ha interesse a spingere questa balla?
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Ultraprocessato: la Grande Balla
COSA SUCCEDE Si sta diffondendo l’abitudine di categorizzare il cibo in “naturale”, associato a fatto in casa o raccolto direttamente dalla terra, e pertanto legato a concetti di salute, biologicità e autenticità; e il cibo “trasformato” o “ultraprocessato”, che viene invece associato a produzione industriale e, di conseguenza, a nocività, adulterazione e artificialità. Il cibo prodotto industrialmente è spesso confuso con il cosiddetto “junk food” o cibo spazzatura.
Questa dicotomia viene frequentemente usata per giustificare problemi come la sovralimentazione, l’obesità e le malattie non trasmissibili. Viene quindi sfruttata a fini commerciali e politici per orientare i consumatori verso prodotti naturali piuttosto che industriali, nella credenza che siano più benefici per la salute e possano contribuire a superare le sfide poste dalla cattiva alimentazione, un problema sempre più serio. Queste sono supposizioni fuorvianti che non daranno frutti. Le cause della cattiva nutrizione sono molteplici e molto complesse.
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PERCHÈ È IMPORTANTE La distinzione tra cibo “naturale” e “ultraprocessato” è concettualmente errata. Risulta dunque ingannevole, poiché presenta al consumatore una visione distorta della realtà. Non è una semplice rappresentazione, ma una mistificazione.
- L’individuo viene tratto in inganno attraverso la classica dialettica del materialismo storico, che propone l’opposizione tra cibo naturale e salutare e cibo industriale e dannoso. Da qui l’efficacia comunicativa della polarizzazione tra cibo “buono” fatto dal lavoro di artigiani e contadini e “cattivo” dall’industria alla ricerca di profitti.
2 DOMANDE Dobbiamo riflettere su due questioni e provare a risolverle e dimostrare l’ingannevolezza di questa inutile categorizzazione:
La distinzione tra cibo naturale e ultraprocessato aiuta concretamente a differenziare gli alimenti benefici da quelli dannosi?
I consumatori sono così vulnerabili di fronte alle industrie che offrono cibo ultraprocessato?
L’INGREDIENTE NON FA IL VELENO La categorizzazione degli alimenti basata sul livello di lavorazione, come suggerito dal sistema Nova, offre una visione errata del cibo industriale e idealizza il cibo naturale.
- La salubrità o pericolosità di entrambi non dipende dal numero di ingredienti presenti, ma dal loro apporto calorico e dalla qualità dei nutrienti rispetto alla quantità consumata.
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INFATTI La presenza di vari nutrienti può innalzare il rischio di avere cibi troppo calorici, ma può anche aumentarne la salubrità e la conservabilità, riducendo così gli sprechi alimentari.
E Un alimento naturale può anche rivelarsi poco indicato per la salute, avere una breve durata e fornire un eccesso di calorie se inserito in una dieta non equilibrata.
IL PRIMATO DELL’INDIVIDUO La salubrità di un alimento non è determinata dalla sua lavorazione, ma dalla sua composizione e dall’apporto calorico in relazione alla dieta del singolo individuo.
- Il cibo industriale è sicuramente studiato per piacere e soddifsare la psiche dei consumatori ma è anche il risultato di anni di investimenti e ricerca per meglio combinare salute, piacere, e fabisogno calorico – si chiama innovazione.
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MA QUALE SCIENZA!!! Si conclude così che l’espressione “cibo ultraprocessato” non ha alcun valore oggettivo sennonchè fornirci il conto dei nutrienti presenti in una formula. Non ci presenta alcun valore calorico, nè tantomeno le conseguenze che causa nel soggetto che l’assume.
- Piuttosto, ha un forte impatto emotivo e viene utilizzata a scopi commerciali e politici per influenzare le decisioni dei consumatori, offrendo loro uno slogan piuttosto che informazioni dettagliate sui nutrienti presenti.
IL PROBLEMA DA AFFRONTARE Dovremmo preoccuparci delle porzioni e della facile disponibilità di cibo industriale, ovvero della sua accessibilità. Il cibo naturale è meno accessibile rispetto a quello industriale (non fa economia di scala, costa, ha problemi logistici e di produttività), ma presenta lo stesso problema delle porzioni.
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CHE FARE Il vero dilemma per i consumatori non sono le aziende alimentari rispetto ai piatti tradizionali, ma coloro che tendono a classificare gli alimenti in “buoni” e “cattivi”. Questi ultimi ritengono che i consumatori non siano in grado di fare scelte informate e cercano quindi di influenzarli.
I consumatori devono avere la possibilità di acquisire conoscenze e fare scelte consapevoli e, di conseguenza, libere.
P.S. Senza cibo industriale non si sfamerebbero – a fatica – 8 miliardi di persone, per cui non basterebbero 3 terre.
Ultraprocessato: la Grande Balla – Paganini non ripete 281 – Pietro Paganini
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