Tratto dal Corriere della Sera –
Il ritorno degli investimenti è uno dei fattori chiave per riprendere a crescere. Si potrebbe provare a elaborare strumenti più efficaci da affiancare alle solite riforme. Ci sono per esempio le Zone franche urbane (Zfu), il cui obiettivo principale è «favorire lo sviluppo economico e sociale di quartiere ed aree urbane caratterizzate da disagio sociale, economico e occupazionale, con potenzialità di sviluppo con potenzialità di sviluppo inespresse» attraverso agevolazioni fiscali, contributive e previdenziali. Perché non allargare lo strumento ad arre che non sono «disagiate» ma vogliono diventare più competitive? È la direzione che ha intrapreso la Lombardia con le zone economiche speciali (Zes). Le aree territotoriali confinanti con la Svizzera (in cui si pratica lo sconto benzina) usufruiranno di incentivi che dovrebbero mettere le nuove imprese nella condizione di creare occupazione e, finalmente, competere ad armi «quasi» pari con i vicini elvetici. È sufficiente? È un buon inizio, ma si può fare e si deve fare di più. Partendo dall’Aera dell’Expo 2015 e allargandola a Milano si può andare oltre gli strumenti fiscali e legali delle «zone speciali» o a «burocrazia zero». Si potrebbero per esempio costruire nuove giurisdizioni (Leap Zone) con caratteristiche legali, economiche, amministrative e politiche uniche, pensate appositamente per creare posti di lavoro e attirare investimenti industriali e finanziari. È una proposta dirompente che se implementata produrrebbe effetti straordinari, generando un processo inverso, fughe di capitali di imprese dalla Svizzera e dalla Ue verso l’Italia.
Milano meglio di Hong Kong, perché può contare su un territorio unico per storia e bellezza, ma soprattutto per la vivacità delle sue imprese. Invece di faticare per elaborare e imporre cambiamenti istituzionali a livello nazionale, sarebbe più facile iniziare da aree più limitate e socialmente più omogenee. Come ricorda Mark Klugmann, che delle Leap è l’ideatore, a beneficiarne non saremmo solo noi: una «zona di innovazione» sarebbe lo strumento più rapido per ridare ossigeno all’intera Ue, oggi più che mai incapace di produrre qualsiasi riforma, schiacciata com’è dal peso della burocrazia.