di Giacomo Bandini, Tempi
C’è un ddl in discussione al Senato che vuole togliere la libertà ai cittadini di scegliere o meno un servizio ed eventualmente di risparmiare un po’ di soldi (che dal 2007 in poi, male non fa). Nel testo, la cui relatrice è la senatrice del Pd Angelica Saggese, viene introdotta l’obbligatorietà per gli scolari che frequentano il tempo pieno di usufruire del servizio mensa, ovviamente a pagamento.
Questa previsione, al vaglio della commissione Agricoltura del Senato, non tiene peraltro conto che il tribunale di Torino nel 2016 aveva dato ragione a 58 famiglie che reclamavano la possibilità per i propri figli di portarsi da mangiare a scuola da casa, senza dover per forza consumare il pasto preparato dal servizio mensa. Un giudice era stato chiamato a rimediare all’operato del legislatore, intervenendo a tutela delle libertà individuali e garantendo il pieno compimento della libera scelta.
Quella vittoria ottenuta dalle famiglie torinesi fu, in realtà, un successo di tutti i cittadini contro l’ennesima ingerenza dello Stato nella loro sfera privata. Più volte infatti abbiamo assistito ai tentativi da parte delle istituzioni di imporre usi e consumi dall’alto. Da ultimi numerosi ricorsi alla leva fiscale o alla gogna politico-mediatica per scoraggiare abitudini o promuovere stili di vita con pessimi risultati, come i casi dell’olio di palma e delle bevande zuccherate ci hanno ampiamente dimostrato.
Su questo atteggiamento statalista e dispotico esiste una letteratura folta sia in filosofia sia in economia. Con il termine paternalismo infatti si usa indicare una forma di giustificazione addotta da chi detiene il potere per perpetrare le proprie finalità di tutela e guida verso soggetti considerati deboli, vulnerabili e dalla razionalità limitata. Come scriveva il filosofo del diritto Gerald Dworkin: «È una delle ragioni che qualunque potere, sia esso allo stato nascente o consolidato, può invocare per farsi riconoscere e accettare, per costruire o rafforzare la propria legittimità». Questa smania della politica italiana di seguire la filosofia del nanny state, anglicismo che indica l’atteggiamento da balia dello Stato verso i propri cittadini, viene ormai calata sempre più spesso nella produzione legislativa con l’unica conseguenza di provocare irritazione e naturale repulsione nei cittadini.
Nel caso della sentenza di Torino del 2016, il ministero della Salute aveva considerato il ricorso delle famiglie al tribunale un preoccupante atto che va contro l’universalità del servizio mensa e la funzione pedagogica, sociale e di educazione alimentare di cui è portatrice. Oggi il Partito democratico, con questo articolo di legge sostenuto dalla senatrice Saggese, dimentica che le libertà individuali dovrebbero essere il vero fine da perseguire e senza la tutela di esse non esisterebbe la democrazia liberale in cui ci fregiamo di vivere e di cui esaltiamo e difendiamo i princìpi fondamentali a intermittenza.
La speranza, in questo caso, è che qualcuno nel partito di maggioranza si ravveda prima di proseguire con questo inutile atteggiamento moralista, altrimenti saremo costretti ad assistere all’ennesimo intervento del potere giudiziario che, di questi tempi, si sta occupando fin troppo di porre rimedio alle incapacità del legislativo. Oppure ci troveremo di fronte all’ennesima protesta in stile “vaccini”. E, sinceramente, non se ne sente affatto il bisogno.