Il Senso di Scoprire Se Stessi
di Benedetta Fiani
Quando nel 2005 David Foster Wallace fu invitato alla Kenyon University per tenere un discorso ai neolaureati, stralunato, arruffato ed impacciato, raccontò questa storiella:
“Ci sono questi due giovani pesci che nuotano e incontrano un pesce più vecchio che nuota in senso contrario e fa loro un cenno dicendo: – Salve ragazzi, com’è l’acqua? – e i due giovani pesci continuano a nuotare per un po’ e alla fine uno di loro guarda l’altro e fa: – Che diavolo è l’acqua?”.
Il senso della storiella – This is the Water, potete trovare la trascrizione in inglese qui, e qui la versione in italiano – era che le realtà più ovvie sono spesso anche le più difficili da vedere, proprio perché ci siamo immersi, un po’ come i pesci nell’acqua. È in questo senso che si inserisce il ruolo di una buona educazione, che va oltre la prima impressione e ci insegna a capire a cosa e come pensare:
“Ad essere un po’ meno arrogante. Ad avere un po’ più di consapevolezza critica di me stesso e delle mie certezze. Perché viene fuori che una percentuale enorme delle cose di cui io tendo ad essere automaticamente certo, è totalmente sbaglia o illusoria”.
È vero, Wallace pronunciò questo discorso davanti agli studenti di liberal arts, ossia prevalentemente studenti di materie artistiche o umanistiche – ma non credo stesse escludendo la scienza dal radar. Anzi credo fosse consapevole del fatto che la curiosità applicata alla scienza sia la ricetta che ha spinto l’umanità verso l’evoluzione. In fondo è proprio questa la funzione della scienza: darci un metodo per distinguere ciò che sembra corretto da ciò che lo è davvero, un metodo che ci aiuti ad andare oltre il senso comune, per liberarci dalle superstizioni e donarci il processo rigoroso che fa di un’ipotesi una legge. La Terra sembra piatta, ma non lo è. Sembra il centro dell’universo, ma non lo è.
Gli scienziati, contrariamente a quanto si pensi, non si reputano depositari di una conoscenza perfetta ed esclusiva. Sono tanto rigorosi i metodi di applicazione quanto flessibile e malleabile la capacità di elaborare le informazioni. Una sorta di impalcatura munita di contromisure per impedire l’autoinganno e circoscrivere l’errore. Come diceva Bertolt Brecht “lo scopo della scienza non è quello di aprire le porte ad una saggezza infinita, ma di mettere un limite all’infinito errore”.