PNR61: le Verità Nascoste
Non mi piacciono le misure protezionistiche introdotte dal Presidente Trump. Non piacciono a molti di voi. Non piacciono nemmeno a molti americani, compresi tanti che siedono al Congresso o frequentano la Casa Bianca. Scatenano ritorsioni commerciali e rallentano il commercio internazionale, danneggiando esportatori e consumatori.
Questo ritorno al protezionismo ci induce a riflettere ed a richiamare varie dottrine formulate nel tempo.
La critica di A. Smith al mercantilismo: la ricchezza di una nazione non dipende dalla quantità di moneta o di metalli preziosi che riesce ad accumulare attraverso il surplus commerciale. Il valore della moneta non sta nella quantità ma in quello che consente di acquistare. E’ perciò l’interesse individuale a stimolare il mercato che attraverso meccanismi interni si autoregola: libero commercio.
La teoria dei costi comparati di D. Ricardo, secondo cui la divisione internazionale della produzione assicura che in ogni paese si realizzi il migliore sfruttamento delle risorse naturali. Questo non può prescindere dal libero movimento internazionale delle merci.
Il mercantilismo si fonda sulla concezione per cui l’economia determina la grandezza dello Stato e lo questo garantisce stabilità e politiche espansionistiche (eravamo in pieno colonialismo).
i dazi introdotti dalla Sinistra Storica per contrastare la Francia in una guerra per la sopravvivenza piuttosto che un tentativo di espansione imperialista.
Presa di coscienza di J. M. Keynes secondo cui il protezionismo doganale poteva diventare un mezzo per aumentare il livello di occupazione laddove servisse mantenere in vita imprese che producono ad un prezzo più alto che all’estero.
Un’altra considerazione è che il libero scambio è sorto dall’osservazione dei fatti e non può in nessun caso prescindere da essi (e anche delle condizioni talvolta conseguenti le teorie libero scambiste) a meno di non contraddirsi.
PERCHE’ E’ IMPORTANTE? Il protezionismo altrui è certamente deprecabile perché rallenta l’espansione del commercio globale e quindi danneggia chi esporta e chi compra (consumatori), ma risponde a logiche a volte molto complesse. Queste possono essere di natura economica o ideologica. Si adottano provvedimenti di natura protezionista perché si vuole limitare gli scambi oppure per correggere strozzature derivanti da un’applicazione distorta del libero commercio (vale a dire che, in certe condizioni reali, non hanno consentito che funzionasse il riequilibrio dei mercati).
E’ PRAGMATISMO Il Presidente Trump ha ridotto le tasse – sulla linea della scuola di Chicago – e ha aumentato i dazi – sulla linea di Keynes.
E IN EUROPA? La UE fa bene a minacciare ritorsioni, ma prima di dare giudizi dovrebbe guardare in casa sua. La lista di dazi è molto lunga.
PROTEZIONISMO MASCHERATO Il Parlamento europeo sotto la spinta delle lobby delle rinnovabili, del petrolio e di altri oli da combustione, ha introdotto nella Direttiva REDII il divieto di utilizzare l’olio di palma dal 2021. E’ protezionismo ambientalista. INDONESIA, MALESIA e TAILANDIA stanno minacciando ritorsioni su una lista di prodotti UE. L’Asia non fa notizia come l’America. Tra Indonesia, Malesia e Tailandia ci sono SOLO 360 milioni di persone che si stanno affacciando al benessere. Vogliamo lasciare questo mercato alla Cina?
E IN ITALIA? Siamo il paese dove ciascuno pensa di fare fesso gli altri. Così la corporazione che va con il nome di Coldiretti con la compiacenza di due Ministri, arma una guerra commerciale screditando i grani esteri davanti agli occhi dei consumatori italiani e introduce l’obbligo di indicare la provenienza del grano sui pacchi di pasta: favorire il grano Made in italy, rispetto a quello Made in Canada e US. Non è forse protezionismo anche questo?
La protezione del proprio mercato da parte di un paese non è necessariamente una negazione del Liberalismo e quindi della libera iniziativa purché si limiti – per un breve tempo – a creare le condizioni migliori per una migliore e più libera concorrenza.
Buona settimana, da Roma
Paga
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