Liberalismo e Liberismo – Formiche.net – Raffaello Morelli e Pietro Paganini
Luigi Einaudi fu Liberale e non liberista. In molti si sbagliano. La differenza è sostanziale. Comprenderla ci può aiutare ad affrontare più efficacemente i problemi contemporanei. Questo è il contenuto dell’analisi elaborata con Raffaello Morelli per Formiche.net.
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Liberalismo e Liberismo
60 anni fa (30 Ottobre, 1961) moriva il Presidente Luigi Einaudi. Lo si celebra come promotore del liberismo italiano. È un falso. Einaudi fu un Liberale e un Liberale in economia. Con il liberismo sbandierato nell’ultimo secolo in Italia e in Europa Einaudi non centra nulla. Questa falsa credenza serve a non applicare l’effettiva Libertà nell’attività economica a favore di gruppi ristretti ed elite che lo stesso Einaudi rifiutava.
Riconoscere che Einaudi fu Liberale e non liberista ci aiuta a cogliere il nucleo del pensiero einaudiano. Ci aiuta quindi, a promuovere politiche che attraverso lo Stato (Liberale) favoriscono lo slancio individuale a intraprendere e innovare.
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Nella vita, l’economia non è un sistema a sé stante. Dipende anch’essa dalla libera iniziativa di ciascun cittadino. Compito dello Stato Liberale è proprio quello di promuovere la la creatività e l’intraprendenza degli individui.
Per Einaudi, tale funzione non può essere svolta dallo Stato (autoritario e personalistico) fascista né tantomeno da quello (totalitario) comunista.
- Ambedue asserviscono la libertà del cittadino, la prima incatenandola al conformismo del culto per il capo, la seconda dissolvendola nell’unica e compatta volontà del partito e della classe dominante.
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Nemmeno lo Stato minimo o lo Stato non interventista possono esercitare tale funzione.
- Il primo pretende di stabilire a priori la quantità di strutture utilizzabili. Si rivela quindi deterministico ed estraneo alla mutevole realtà composta da individui diversi.
- Mentre lo Stato che osserva senza intervenire mai, è un sistema analogo che resta indifferente anche quando le libere relazioni civili tra i cittadini vengono soffocate o con mezzi illegali oppure approfittando della mancanza di leggi e della loro inadeguatezza.
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Einaudi è sempre stato coerente ed esplicito nei fatti con quanto ha scritto e dichiarato. Effettuò tipici interventi pubblici non liberisti, fondati su una cornice istituzionale adeguata all’utilizzo degli spiriti imprenditoriali dei liberi cittadini secondo le indicazioni del Parlamento.
- Quando era Vice Presidente del Consiglio e Ministro del Bilancio ha promosso una serie di atti di intervento della mano pubblica dello Stato per bloccare l’inflazione che era divenuta galoppante (svalutazione della moneta, congelamento del 15% dei depositi, etc.).
- E quando ha accolto il Piano Marshal (la fornitura gratuita da parte USA per 400 miliardi di lire dell’epoca, di frumento, di carbone, di combustibili liquidi e di quelle altre materie prime necessarie che l’Italia non era in grado di pagare con le sue esportazioni).
- Quando ha chiamato gli italiani a decidere come investire i contributi del Piano purché venissero indirizzati a ricostruire e ripristinare le infrastrutture e gli impianti industriali chiave per rilanciare il paese.
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Dal 1947 al 1953 il reddito nazionale crebbe del 58%, ossia del 9,6 all’anno. Un primato tuttora esistente e non solo per l’Italia.
“Va confutata la grossolana favola che il liberalismo sia sinonimo di assenza dello stato o di assoluto lasciar fare o lasciar passare”.
Lo Stato è indispensabile – sempre sino ad un punto critico – iniziando da due questioni che giudicava essenziali: la lotta contro i monopoli, pubblici e privati, e l’uguaglianza nei punti di partenza tra gli individui.
- Contro il Monopolio perché impedisce la concorrenza e quindi l’iniziativa individuale che è il motore della società (ha scritto “i due estremi monopolismo e collettivismo sono ambedue fatali alla libertà”).
- L’uguaglianza di partenza consegue dal considerare il cittadino individuo come l’architrave della spinta umana ad andare avanti. E’ “una assicurazione data a tutti gli uomini perché tutti possano sviluppare le loro attitudini. (…) La gara della vita tra gli uomini non è leale se a tutti non sia concessa la medesima opportunità di partenza per quel che riguarda l’allevamento, la educazione, la istruzione e la scelta del lavoro”.
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Il liberismo è e può essere solo un derivato del liberalismo, e perciò non può mai prescindere dal tener conto che nel convivere realizzare la Libertà di ogni cittadino è determinante.
Chi sostiene che il liberismo è una teoria economica autonoma, una dottrina fissa nel tempo, separata dal Liberalismo, finisce per disattendere principio che impone la Libertà (e l’eguaglianza di partenza) ai cittadini.
Il liberismo è dunque è un progetto illiberale nei principi e nella pratica. Einaudi infatti, non si identifica con il laissez-faire liberista criticato da Croce.
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Il Liberalismo economico di Einaudi ci insegna che dobbiamo adoperarci costantemente per garantire la Libertà dei cittadini con politiche sempre diverse e nuove così da rispondere ai cambiamenti del tempo. Il Liberalismo come metodo si associa al cambiamento, mentre il Liberismo quale dottrina, lo respinge.