Il Calcio a un Bivio – Il Messaggero – Giuseppe Arleo e Pietro Paganini
Il Messaggero di Roma ha pubblicato un commento scritto insieme a Giuseppe Arleo sul tracollo economico e finanziario – oltre che dei risultati – dell’industria del calcio italiano.
È un argomento inusuale ma che seguo da lontano da molto tempo con interventi di vario genere anche se con poco tempo a disposizione.
Affascinato dal gioco del calcio, ma anche dalla sua industria, mi dedico a seguire le dinamiche.
Il commento è disponibile qui su Il Messaggero >>> mentre qui sotto si possono trovare alcuni estratti.
Il Calcio a un Bivio
Il mondo del calcio è di fronte ad un bivio e dovrà saper scegliere la strada giusta.
È fondamentale, per tutto il sistema calcio, che si vada verso una sostenibilità finanziaria e un’autonomia in grado di assicurare un futuro virtuoso ai club.
Le riforme, di cui si parla tanto nelle ultime settimane, sono sempre più necessarie, a patto di arrivare a soluzioni condivise tra le parti in causa. A partire dalla Federcalcio e dalla Lega Serie A.
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I bilanci disastrati di molte società dimostrano quanto sia necessario dare stabilità all’intero movimento, per impedire di contrarre nuovi debiti e zavorrare un sistema in affanno ormai da diverse stagioni dal punto di vista della gestione economica.
Le soluzioni auspicate – come l’indice di liquidità o altri diversivi utili alla causa – vanno incontro alla necessità di dare un futuro diverso al calcio italiano e europeo.
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Gli ultimi risultati delle squadre italiane a livello internazionale sono la cartina tornasole di una preoccupante mancanza di competitività. La conferma viene dalle precoci eliminazioni dalle coppe europee in questa stagione e dal flop della Nazionale, costretta a saltare il Mondiale di calcio per la seconda volta di fila (almeno 12 anni senza la Coppa del Mondo per una nazionale che ne ha vinte 4). Una cosa mai successa prima nella storia del pallone italiano. Soltanto andando verso un sistema più sostenibile, si potranno dare le giuste opportunità ai talenti di casa nostra, si potrà investire sui vivai delle nostre squadre e si eviterà di ricorrere ai mercati stranieri per completare le rose.
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Il Covid-19 ha ampliato i problemi strutturali di questa industria. Nell’industria del pallone (come altrove) la pandemia ha creato vere e proprie voragini nei singoli bilanci societari, impattando per oltre due anni fonti di ricavo fino a un tempo certe come il merchandising, i diritti televisivi, le sponsorizzazioni e gli incassi dalla biglietteria.
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Altre realtà di prima fascia a livello europeo hanno preso contromisure adeguate già da tempo. A partire dalla Spagna, dove il tetto salariale imposto ai club sta sortendo gli effetti sperati mentre la Premier League, in Inghilterra, può permettersi di viaggiare su ben altri binari essendo il torneo più televisto del pianeta e il più ambito dagli sponsor a livello globale.
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Pensando al caso italiano. È ormai assodato che l’ecosistema del calcio italiano sia eccessivamente indebitato. Le restrizioni imposte dal Covid-19 hanno aggravato a dismisura questa situazione. Tanti valori economici nel mondo del pallone in Italia oscillano nel corso delle varie stagioni sportive, perché tengono conto degli andamenti economici e di risultato registrati nell’anno, ma bisogna imporre una soglia da non oltrepassare per evitare di raggiungere un punto di non ritorno.
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L’indice di liquidità per i club italiani potrà anche essere un inderogabile criterio ammissivo. Ma al momento servono anche riforme di sistema per rimediare a storture e criticità accumulate da almeno un decennio.
Questa è la principale sfida da vincere per tornare ai successi sul campo.