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Mi Manda Rai Tre – Spreco alimentare, tutti i numeri dello scandalo
Circa un terzo della produzione mondiale di cibo destinata al consumo umano si perde o si spreca lungo la filiera alimentare ogni anno. Tale quantitativo corrisponde ad uno spreco di circa 1,6 miliardi di tonnellate di alimenti (inclusa la parte non edibile dell’alimento); 1,3 miliardi di tonnellate se si considera solo la frazione edibile.
· 510 milioni di tonnellate si sprecano durante la produzione agricola 32%;
· 355 milioni di tonnellate si sprecano nelle fasi immediatamente successive alla raccolta (post-harvesting and storage) 22%;
· 180 milioni di tonnellate si sprecano durante la trasformazione industriale 11%;
· 200 milioni di tonnellate durante la distribuzione 13%;
· 345 milioni di tonnellate si sprecano al livello del consumatore (a livello domestico e nella ristorazione) 22%;
Complessivamente, circa il 56% delle FLW (Food Losses and Waste, Sprechi e Perdite Alimentari secondo la definizione della FAO) avvengono nei Paesi Sviluppati; il restante 44% nei Paesi in Via di Sviluppo (PVS). Mentre lo spreco procapite a livello del consumatore in Europa e Nord-America è circa 95-115 kg/anno; nell’Africa sub-Sahariana e nel Sud-est Asiatico tale valore è di circa 6-11 kg/anno (FAO 2011).
Cosa significa in termini di impatto ambientale?
Acqua: Il quantitativo di acqua richiesto per produrre il cibo che viene sprecato ogni anno nel mondo è pari a circa 250.000 miliardi di litri. Un quantitativo sufficiente per soddisfare i consumi domestici di acqua di una città come New York per i prossimi 120 anni.
Suolo: L’estensione di suolo agricolo necessario per produrre il cibo sprecato ogni anno nel mondo è pari a circa 1,4 miliardi di ettari, circa il 30% della superficie agricola disponibile a livello globale.
Cambiamenti climatici: Il cibo sprecato ogni anno nel mondo è responsabile dell’immissione in atmosfera di circa 3,3 miliardi di tonnellate di CO2 equivalente (CO2eq). Se lo spreco alimentare fosse un paese, sarebbe il terzo emettitore mondiale dopo USA e China.
Cosa significa in termini di impatto economico?
Il valore economico del cibo sprecato a livello globale si aggira intorno ai 1.000 miliardi di dollari/anno. Ai costi “vivi” della produzione alimentare vanno aggiunti i costi “nascosti”, la cui valutazione è stata effettuata dalla FAO e pubblicata nello studio “Food Wastage Footprint – full costs accounting”. Nell’analisi economica sono stati considerati aspetti “inediti”, come i costi imputabili ai conflitti legati al controllo delle risorse naturali, al trattamento di patologie legate all’impiego di pesticidi in agricoltura, alla depurazione delle acque, alla perdita di habitat naturali e dei relativi servizi eco-sistemici, agli effetti dei cambiamenti climatici e della riduzione della disponibilità di acqua, ai processi di erosione e di riduzione dello stato di salute dei terreni agricoli, ai sussidi pubblici alla produzione alimentare. La stima che ne deriva (2.600 miliardi di dollari) tiene conto solo in parte dei “costi nascosti” dello spreco alimentare a livello globale. Molti altri aspetti non sono stati presi in considerazione per la mancanza di metodologie di stima affidabili.
In aggiunta al miliardo di dollari di valore del cibo sprecato, lo studio FAO stima che, limitatamente agli aspetti considerati,
· i costi ambientali raggiungano i 700 miliardi di dollari;
· i costi sociali raggiungano i 900 miliardi di dollari.
Anche in Italia la situazione non appare rosea. Secondo gli ultimi dati ISTAT la percentuale della produzione agricola rimasta nei campi ammonta al 3,25% del totale (17.700.586 tonnellate). La percentuale più alta della produzione non raccolta è quella dei cereali.
Nell’industria agroalimentare lo spreco medio ammonta al 2,6% del totale, pari a circa 1,9 milioni di tonnellate di cibo (escludendo l’industria delle bevande). I prodotti scartati vengono tendenzialmente gestiti come rifiuti o utilizzati per la produzione di mangimi, e non destinati invece alla ridistribuzione alle fasce deboli della popolazione. La maggior parte degli sprechi di cibo è riscontrabile nell’industria lattiero-casearia e nella lavorazione e conservazione di frutta e ortaggi.
Per quanto riguarda la fase della distribuzione (fonte Last Minute Market), relativamente alla quantità di cibo “gettato via” da parte dei mercati all’ingrosso (centri alimentari e mercati ortofrutticoli) e della moderna distribuzione, emerge che nel 2009 in Italia sono state sprecate 263.645 tonnellate di prodotti alimentari (per un totale di 900 milioni di euro), il 40% delle quali è costituito da prodotti ortofrutticoli.
Al livello del consumatore finale, i dati (fonte ADOC – Associazione per la difesa e l’orientamento dei consumatori) mostrano che vengono mediamente sprecati:
– il 35% dei prodotti freschi;
– il 19% del pane;
– il 16% di frutta e verdura.
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Come sosteneva Luigi Einaudi, le riforme economiche passano attraverso le riforme politiche, e la nostra classe dirigente non sembra disposta ad addentrarsi in discussioni e approfondimenti in questo senso. In quest’ottica va letta la manovrina di aggiustamento: un disperato tentativo di trovare risorse economiche con la mente già rivolta verso la campagna elettorale.
Il mio intervento ad Omnibus La 7